Londra a passi di danza
Giacomo Rovero non è più solo una promessa della danza, ma con la promozione al ruolo di solista alla corte del Royal Ballet è oggi una certezza. Fin dagli esordi, quando frequentava l’Accademia Domenichino da Piacenza, Giacomo ha brillato per le sue spiccate doti interpretative. È qui che il suo innato talento è cresciuto tra le mani sapienti e gli insegnamenti di Giuseppina Campolonghi, Michela Arcelli ed Elisabetta Rossi, figure determinanti che hanno indirizzato il giovane ballerino verso la competizione internazionale.
La svolta per la sua carriera è nel 2011 con la vittoria della medaglia d’oro allo Youth American Grand Prix di New York, importante riconoscimento che conferma un talento promettente. Per perfezionare la tecnica, Giacomo lascia l’Italia e si trasferisce dapprima per due anni ad Amburgo, dove, grazie a una borsa di studio, può unirsi alla scuola di danza di John Neumeier, sotto la guida del maestro Christian Schon. Approda successivamente a Londra e, tra il 2013 e il 2016, ha il privilegio di studiare alla Royal Ballet Upper School, prestigiosa fucina di talenti, dove consegue il diploma. Entra a far parte stabilmente del Royal Ballet all’inizio della stagione 2016-2017 e definitivamente, con contratto indeterminato, nella Compagnia del corpo di ballo in qualità di Artist nella stagione successiva. All’inizio di quest’anno, a soli 26 anni, arriva la meritata promozione al ruolo di solista alla Royal Opera House, riconoscimento che lo proietta tra i grandi nomi della danza classica.
Msa. Quali delle tue qualità sono state determinanti per essere stato scelto dal Royal Ballet?
Rovero. È difficile individuare le qualità che sono state essenziali per la mia ammissione al Royal Ballet, anche perché la danza, soprattutto nei suoi aspetti più puramente artistici, è anche molto soggettiva. Oltre alla preparazione tecnica, le doti fisiche e il costante lavoro, quello che secondo me eleva veramente un ballerino è l’abilità di far passare la propria anima allo spettatore e renderla accessibile, così che il pubblico si senta coinvolto e trasportato dalla performance. L’arte oltre alla tecnica. E la mia speranza è in qualche modo di riuscire a fare proprio questo.
C’è stata qualche figura significativa che ti ha indirizzato alla danza e che ti ha spronato a proseguire?
Ci sono tantissime persone che ho sentito importanti nel mio percorso professionale, e nei suoi inizi. Sicuramente, per primi, i miei genitori che sono riusciti a seguire i desideri che esprimevo, accompagnandomi verso questa strada che era allora sconosciuta per tutti. Poi le mie prime insegnanti dell’Accademia di danza Domenichino da Piacenza che da subito hanno riconosciuto in me le qualità necessarie per poter andare avanti nel mondo della danza, e mi hanno aperto gli occhi spronandomi verso concorsi ed esperienze italiane e internazionali che mi hanno portato dove sono oggi.
La danza è stata da sempre la tua passione più grande?
Uno dei primi tentativi di esprimere questa mia innata voglia di danza e movimento è stata la ginnastica artistica, che ho praticato da bambino per diversi anni. Suonare il pianoforte è stata un’altra attività a cui mi sono dedicato prima di scegliere totalmente la danza.
Oltre alla passione e al talento, che cos’è stato decisivo per farti raggiungere questo importante traguardo professionale?
Questa carriera richiede sicuramente molta dedizione e disciplina, entrambe indispensabili. Il lavoro «dietro le quinte» è davvero molto metodico e richiede una grande dose di umiltà nell’accettare di mettere il massimo impegno in qualsiasi ruolo ti sia assegnato, anche quello all’apparenza meno importante o meno di primo piano. Credo che questo mio impegno sia stato apprezzato. Oltre al lavoro vero e proprio, nella mia esperienza è stato decisivo anche il supporto delle persone che mi sono state vicine.
Quali sono le tue fonti di ispirazione nel mondo della danza?
Sono tantissime, sia tra i colleghi uomini che tra le colleghe donne. Cerco di cogliere in tutti qualità diverse che possano arricchirmi come artista. I miei colleghi qui al Royal Ballet sono i primi a ispirarmi quotidianamente.
Al di fuori del balletto, riesci a ritagliarti degli spazi di vita personale?
Con gli orari pressanti che abbiamo è spesso difficile trovare il giusto tempo per la vita personale. Crescendo, sto però cercando di essere più attento a mantenere un equilibrio tra vita personale e carriera. Cerco di sfruttare al meglio i pochi giorni e momenti liberi che ho, perché ho capito che questo mi aiuta anche ad essere un artista migliore.
Come vedi la tua carriera nei prossimi anni?
Per ora la mia carriera qui a Londra sta andando bene e mi sento ancora stimolato e motivato dal mio lavoro al Royal Ballet. Riuscire a passare più tempo in Italia è, però, una prospettiva che mi attira.
Che cosa ti piace di Londra?
Trovo che ci sia una grande apertura e un bel senso di inclusione, cosa che apprezzo molto. È bello sentirsi liberi di potersi esprimere ed essere se stessi. È una città che dà spazio e valore all’arte e allo spettacolo, cosa che per me è fondamentale, sia come artista che come fruitore di quest’ampia offerta culturale.
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