Illustrissimi, un dialogo aperto
«Caro Dickens, sono un vescovo, che ha preso lo strano impegno di scrivere ogni mese per il “Messaggero di S. Antonio” una lettera a qualche illustre personaggio». Ecco l’incipit della prima lettera riportata nel volume “Illustrissimi”, nel quale sono stati raccolti i testi scritti da Albino Luciani tra il 1971 e il 1974, durante il periodo in cui era Patriarca di Venezia. Il progetto era iniziato sulle pagine del «Gazzettino», quotidiano veneto che ha ospitato quattro di queste lettere, per poi approdare al «Messaggero di sant’Antonio», di cui era direttore padre Francesco Saverio Pancheri. Evidente l’intento pastorale di Luciani, che allora aveva commentato: «Quando parlo in San Marco mi ascoltano quattrocento o cinquecento persone; quando scrivo sul Gazzettino, mi potranno leggere cinquantamila persone, e invece se pubblico sul Messaggero di sant’Antonio converso con un milione e mezzo di lettori».
“Illustrissimi” è stato pubblicato per la prima volta dalle Edizioni Messaggero Padova nel 1976, divenendo un grande successo, anche nella traduzione in diverse lingue. L’anno scorso è uscita l’edizione critica del testo a cura di Stefania Falasca, che ha studiato approfonditamente la figura e le opere di Luciani, in particolare nel corso del suo dottorato di ricerca, dedicato proprio allo studio di "Illustrissimi". Basandosi sulle fonti archivistiche ha curato la Positio super virtutibus per la causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I e ha favorito la creazione della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, di cui è vicepresidente dal 2020.
Non poteva esserci contesto migliore di quello veneziano per la presentazione dell’opera, che si è svolta presso la Sala del Piovego di Palazzo Ducale, nel pomeriggio del 17 maggio, con la presenza del Segretario di Stato Vaticano, card. Pietro Parolin, del patriarca di Venezia, S.E. mons. Francesco Moraglia, del soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia, dott. Fabrizio Magani. L’evento, moderato dal direttore del Gazzettino, dott. Roberto Papetti, ha avuto al centro la Lectio Magistralis del Prefetto del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione, card. José Tolentino de Mendonça, che è anche autore della prefazione dell’edizione critica di “Illustrissimi”.
I vari interventi hanno messo in luce alcuni tratti di Luciani: la sua attenzione all’arte, alla cultura, alla bellezza come vie per parlare del Vangelo, fin dal tempo in cui insegnava in seminario (come ha sottolineato il soprintendente Magani); la semplicità e l’umiltà coniugate con la chiarezza, che si manifesta nella capacità di chiamare le cose col loro nome, con un linguaggio essenziale (mons. Moraglia); l’importanza della conversazione – tratto evidenziato dal card. Parolin, il cui richiamo attraversa le lettere di “Illustrissimi” –, mai lasciata all’improvvisazione ma sempre cercata con profondità.
Nella Lectio Magistralis del card. de Mendonça, tra i vari elementi emerge il parallelo con san Francesco di Sales, di cui Luciani era un assiduo lettore e condivideva alcuni aspetti come l’umorismo e la dolcezza. «L’espressione “il papa del sorriso” nasce non solo dalla sua tempra di naturale bonarietà, ma soprattutto dalla sua coscienza profonda che la verità va esposta delicatamente, con un’intuizione spirituale che è in chiara risonanza con il Vangelo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30)».
Certamente, l’intento di Luciani è quello, attraverso le lettere, di annunciare il Vangelo, ma lo fa utilizzando come strumento l’umorismo e l’autoironia, invitando ciascuno a incamminarsi sulla via della santità, che non è un privilegio di frati, suore o preti, ma «diventa potere e dovere di tutti! Non diventa impresa facile (è la via della croce!), ma ordinaria: qualcuno la realizza con atti o voti eroici alla maniera delle aquile, che planano negli alti cieli; moltissimi la realizzano con l’eseguire i doveri comuni di ogni giorno, in modo però non comune, alla maniera delle colombe, che volano da un tetto all’altro» (dalla Lettera a San Francesco di Sales).
L’invito di Luciani, che perviene a noi anche attraverso “Illustrissimi”, è di metterci in colloquio con lui. Chiaramente si rivolge a personaggi illustri, ma in fondo, si sta rivolgendo a ciascuno di noi. Ha voluto ricordarcelo anche la dott. Falasca nell’esergo dell’ultima edizione, in cui riprende le parole con cui si apre e si chiude una straordinaria poesia di Vittorio Sereni, Via Scarlatti: «Con non altri che te / È il colloquio. […] E qui t’aspetto». Ognuno è chiamato a farsi suo interlocutore, in qualsiasi situazione di vita si trovi.
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