Il volto operoso della solidarietà
Un vecchio proverbio popolare parla di Faenza come città «da lavuré». Perché, nella pur operosa Romagna, questa cittadina di 60 mila abitanti, in provincia di Ravenna ma a due passi da Forlì, pare distinguersi proprio per essere particolarmente affaccendata e produttiva. Caratteristica che sembra emergere con forza anche nell’ambito della solidarietà, dove questa capacità viene messa in campo, bene, al servizio del bene. È il caso delle attività promosse dalla parrocchia di San Francesco d’Assisi dei frati minori conventuali.
Siamo nel pieno centro storico della cittadina romagnola, in un’area che raccoglie circa 3.200 persone, un terzo delle quali immigrate per lo più dall’Africa. Qui, nel 2012 è nata la Caritas parrocchiale, inizialmente con lo scopo di riprendere e rilanciare l’attività di distribuzione degli abiti usati, attiva sin dagli anni ’90 del secolo scorso. «Ricordo che erano gli inizi degli anni Duemila quando, andando a Messa al mattino, vedevo un’anziana della parrocchia che, immancabilmente due volte la settimana, col freddo o col caldo, con la pioggia o con il sole, tirava fuori da una piccola stanza gli abiti smessi donati dai parrocchiani e li esponeva sui muretti del chiostro per i poveri della zona» racconta Gabriella Albonetti, responsabile operativa della Caritas parrocchiale e ora referente del progetto.
«Un giorno questa signora, che si chiamava Giannina, mi chiese di aiutarla e così mi trovai anch’io coinvolta in questa attività che con il tempo è andata sempre più espandendosi, anche affiancandosi all’accompagnamento integrale delle persone in condizione di disagio, che avviene tramite il Centro di ascolto, la distribuzione di pacchi alimentari (ogni mese sono circa una trentina le famiglie che li ricevono), il sostegno degli anziani non autosufficienti e soli».
L’attività, però, ha subito una brusca frenata a causa della pandemia, quando la raccolta e la distribuzione degli abiti usati era sconsigliata per il rischio di trasmissione del virus, considerando oltretutto l’età avanzata dei volontari che vi erano impegnati. «Quando, poi, passata la fase pandemica acuta, si è pensato di riaprire il servizio – spiega Gabriella Albonetti – ci si è trovati dinanzi a una situazione non gestibile: gli impianti, già precari, avevano risentito dello stop forzato e anche i locali non erano più adatti a ospitare l’alto numero di persone che ora, in piena crisi, si avvicinavano al “mercatino”. Abbiamo così pensato di chiedere aiuto a Caritas sant’Antonio, sia per l’adeguamento degli impianti elettrici che per l’ampliamento dei locali, che per l’acquisto di un nuovo portoncino d’ingresso».
E così, nel marzo del 2022, Caritas sant’Antonio eroga alla Caritas della parrocchia di San Francesco 12 mila euro, frutto della generosità dei suoi benefattori. «Con quella somma – racconta, felice, Gabriella – siamo riusciti a fare tutto quanto era necessario. E non solo. La Provvidenza ha voluto che negli ultimi mesi si liberasse un piccolo negozio attiguo alla parrocchia, in via delle Ceramiche 6, che, grazie a qualche lavoro di muratura, siamo riusciti a sistemare. Ora il nostro “Carita Shop”, sta funzionando a pieno regime. Gli abiti raccolti, dopo essere stati valutati, vengono suddivisi in tre categorie: quelli che verranno portati al macero perché inutilizzabili, quelli che verranno dati alla modica cifra di 50 centesimi, per responsabilizzare le persone, e quelli che finiranno all’emporio, dove verranno venduti a una cifra compresa tra i 2-3 e i 20 euro. Il ricavato della vendita andrà a sostenere le opere missionarie della parrocchia».
«Lo spazio più ampio – conclude Gabriella Albonetti – ci ha dato inoltre la possibilità di rendere sempre più questo posto un luogo di relazioni buone, dove molti vengono anche solo per “stare”, per lenire la loro solitudine. E poi abbiamo notato che negli ultimi tempi si stanno sempre più avvicinando all’emporio anche gruppi di giovani sensibili alle tematiche ambientali, i quali vengono da noi per acquistare a prezzi molto modici dei capi che così possono avere una seconda vita». È proprio vero. Il bene ha tanti volti, pure quello di una comunità operosa che, anche attraverso la generosità dei nostri lettori, mette i propri talenti al servizio di chi è più fragile.
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