Intervista a Erri De Luca: piccoli di fronte all’universo

01 Giugno 2016 | di

Chi va montagna lo fa, spesso, per essere più vicino al cielo. Lui, al contrario, sale per allontanarsi. Perché, come ci dice, da lì si può vedere il mondo com’era e come tornerà a essere senza di noi.
De Luca, cosa ci racconta la montagna che altri luoghi non raccontano?
Si sta in un luogo magnifico dove la nostra taglia è di misura minima, circondata da immensità di spazio e di materia. Si sentono, con più precisione, la fragilità e la precarietà del nostro stare sulla superficie esposta del pianeta.
Quali memorie non possiamo perdere?
Il solo museo della montagna che ricordi il nostro passaggio è costituito dai resti e dalle trincee della Prima guerra mondiale combattuta nelle Alpi orientali. Lì si sono svolte le più assurde manovre militari, i più inutili sacrifici. Da frequentatore di quelle montagne ho visitato i segni lasciati da una gioventù spedita a morire in faccia alla più spudorata e indifferente bellezza.
Ha in mente un luogo, anche poco visibile, che conservi, in maniera spontanea, una memoria piccola, eppure significativa?
La cima piccolissima di Lavaredo. Sui suoi camini strapiombanti a nord il più grande alpinista di tutti i tempi, Paul Preuss, saliva da solo slegato fino in cima. Ho ricalcato i suoi passi cent’anni esatti dopo. Nelle cavità cupe di quella spaccatura ho sentito mischiare il mio fiato al suo.
Leggi il dossier "Musei della montagna, non i sassi ma gli uomini"

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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