Invisibili. Finalmente visti

Nella Bibbia Dio si accorge sempre dei piccoli, dei non considerati. Un mondo, il loro, che la pandemia ha portato alla luce: non dimentichiamo.
17 Settembre 2021 | di

Un frammento di conversazione, in coda allo sportello di un ufficio pubblico. Due donne dietro le mascherine. Piccola familiarità da lunga attesa. Chissà che età hanno. «Ma davvero anche lei lavora dove lavoro io? Non ci siamo mai viste», dice la prima. «Da più di trent’anni. In magazzino. Siamo invisibili noi del magazzino», risponde l’altra. Magazziniera. Un lavoro letterario. Letteratura industriale. Esistono ancora. Forse non si chiamano più così negli annunci. Forse si chiamano tutti «addetti alla logistica». Gestiscono gli spazi, tengono aggiornati gli inventari, controllano le merci in arrivo e in partenza. A seconda del grado di automazione, fanno direttamente o impostano database e flussi. Ma come sopravvive un’azienda con un pessimo magazziniere? O senza? Manca quel che serve. C’è troppo di quel che non serve. Non si trova quel che c’è. Eppure la magazziniera è invisibile. Non c’è relazione necessaria tra il brillare costantemente sul palcoscenico dell’opinione pubblica e l’essere davvero essenziale al buon vivere. Eppure noi viviamo spesso abbagliati.

La pandemia ci ha portato a riconoscere il lavoro di tanti invisibili: operatori della sanità, trasportatori, addetti alle consegne, dipendenti del settore alimentare, autisti. Tutti scontati, prima. Tutti sottopagati, mal considerati o non considerati. Importanti improvvisamente, quando il mondo non ha potuto fare a meno di chi ci assicura il cibo e la cura. Abbiamo imparato che la nostra piramide delle professioni è una Torre di Babele insensata, perché nasconde quel che ci sostiene. La Bibbia è esperta di invisibili, che vengono infine visti e riconosciuti. Il piccolo Davide non è considerato neppure dal padre Iesse. C’è il tema del più piccolo che diventa grande, certo. Ma anche il tema dell’apparenza: «L’uomo guarda l’apparenza», dice il Signore (1 Sam 16,7).

Noi guardiamo l’apparenza. Alzi la mano chi non lo fa. Interi espositori di tremende riviste che ci propongono di spiare (invidiare? commentare?) la vita di chi appare, in televisione oppure nei social. Non c’è niente di innocente in questo tempo, pensiero, sguardo orientato a guardare chi ha l’unica qualità di riuscire a farsi guardare, e niente altro. Lo sguardo orienta il pensiero e orienta il desiderio e non vediamo quel che conta. Non vediamo ad esempio le donne. Le invisibili per eccellenza, anche nella pandemia. La Bibbia dedica libri a donne invisibili, come Rut. Non ebrea, donna, può avere qualche speranza di una vita possibile risposandosi nel suo Paese e invece segue in Israele la suocera Noemi. Rut, invisibile donna che sarà la bisnonna del futuro Davide re.

Nella Bibbia gli invisibili sono sempre visti. O da Dio, attraverso i profeti. O grazie a chi li rende presenti e visibili, come gli amici del paralitico calato dal tetto (Lc 5, 17-26) e guarito in nome della «loro» fede. O grazie a loro stessi che si fanno avanti rivendicando dignità. Si può fare eccome. Nessuna falsa umiltà. Siamo pieni di dignità, come la Cananea che importuna Gesù per la figlia tormentata dal demonio (Mt 15, 21-28). E cambia, radicalmente cambia la visione che Gesù ha dell’annuncio. È per tutti, non per pochi. Siamo cristiani anche grazie a lei, chissà se ci pensiamo.

Attenzione. La pandemia ha portato oggi alla luce un mondo di invisibili esclusi dalla considerazione sociale. Siamo vivi, noi che lo siamo, grazie a loro. Guai a noi se dimentichiamo. Ma è un piacere ricordare. Un piacere essere grati. Per questo serve la luce buona, quella del Vangelo: «Voi siete la luce», non quella che acceca, ma quella che si mette sul candelabro: «E così fa luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5,13-16). E così possiamo vedere.

 

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Data di aggiornamento: 17 Settembre 2021
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