Un giochetto fin troppo scontato, almeno a prima vista. Lo è già qualsiasi romanzo storico che si aggira tra elementi storici e invenzioni plausibili, lo è persino di più un romanzo su Gesù di Nazareth. I vangeli sono disseminati di segni, parole e gesti attribuiti a lui, molto di tutto questo esplicito, ma probabilmente molto di più alluso, lasciato alla nostra curiosità troppo umana. E così da sempre un po’ tutte e nove le arti si sono cimentate su di lui: dal film Jésus de Montréal (1989), diretto da Denys Arcand, alla Lettera dal deserto (2011), dello scrittore Göran Tunström. Ma forse non può che essere così. Senza confondere vangelo e finzione letteraria, sapendo porre le domande giuste all’uno e all’altra, la persona di Gesù non può che continuare a interrogare ogni uomo e ogni donna in ogni tempo, prestando vocabolario e immagini alla ricerca della nostra vera umanità.
Così è anche per quest’ultimo romanzo. Non è nemmeno interessante sapere se il suo autore sia o meno «cattolico praticante»: è scritto bene, con colpi di scena e la giusta tensione narrativa, non è semplicemente una rincorsa a riempire i buchi biografici, i riferimenti evangelici ci sono quasi tutti, e ciò, il più, che viene immaginato ci costringe a prendere personalmente posizione. Giusto per citare lo stesso Gesù: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Il credente, colui per il quale Gesù è anche figlio di Dio («un Dio irresponsabile con le ginocchia sbucciate dalle cadute e dai rovi che si aggirava per la terra appena partorita dall’oscurità del nulla»), potrà ritrovarvi domande e provocazioni, per rimettere in gioco e approfondire i contenuti vitali (non biografici!) della propria adesione di fede a lui. Colui che non crede potrà invece ritrovarvi le coordinate e le indicazioni di un «cammino di formazione» («Stavo diventando un adulto diverso da mio padre. Lo trovavo disconoscendolo»). Gli uni e gli altri accomunati da una vita in pienezza da accogliere, capire e vivere fino in fondo.
Così, un Gesù ancora adolescente, che scappa di casa alla ricerca del padre (di quello che noi diciamo «putativo», Giuseppe, misteriosamente andatosene; o di un altro padre, che certamente meno misterioso non è?), e che di fronte a un ostacolo sul cammino, sconsolato, ma noi insinueremmo «profeticamente», constata: «Dovevo abbandonare il sentiero tracciato dagli uomini…». Inaspettati compaiono più di un personaggio evangelico: Barabba, Lazzaro e le sorelle Maria e Marta. Persino Giuda, che nel romanzo Gesù aiuta a salvarsi dalla caccia dei romani che lo vogliono morto: «Non avrei mai potuto tradire Giuda». Del resto, Gesù non è forse «la più grande storia mai raccontata», come recitava il titolo di un antico film in technicolor, The Greatest Story Ever Told, diretto nel 1965 da George Stevens?!