Italianità alla riscossa
Gli Istituti Italiani di Cultura sono i nostri migliori avamposti all’estero nella promozione dell’italianità: dalla lingua alla musica, dall’arte alla letteratura, dal design al turismo. In tempi di Coronavirus, la necessità di continuare l’attività e di garantire condizioni di sicurezza, ha costretto tutti a ulteriori sforzi e ad approntare soluzioni creative. La situazione più difficile investe probabilmente l’America Latina dove le drammatiche conseguenze dell’epidemia di Covid-19 hanno rivoluzionato l’organizzazione delle iniziative programmate per l’anno in corso. Abbiamo scelto di raccontare due esperienze significative: quella dell’IIC di San Paolo in Brasile, e quella dell’IIC di Montevideo in Uruguay.
«La cultura italiana è ben radicata in Brasile – spiega Michele Gialdroni, romano, con un brillante curriculum accademico e un nutrito carnet di pubblicazioni, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di San Paolo dall’inizio del 2018 –. Il diffuso interesse per la lingua e la cultura italiana spesso prescinde dalle origini familiari ed è strettamente legato al prestigio della nostra cultura, al fascino esercitato dalle bellezze dell’Italia e dalle sue eccellenze».
Dal mese di marzo, l’Istituto ha concentrato la propria attività on line. «I corsi di lingua sono stati strutturati in questo senso, e sono state intensificate le proposte culturali sui social». Mostre, concerti e attività previste per il primo semestre 2020 sono state rinviate agli ultimi mesi di quest’anno, se non addirittura al 2021. Per quanto riguarda i corsi di lingua italiana, l’Istituto lavora con piccoli gruppi di studenti. Vengono proposti corsi tematici, a pagamento e gratuiti, per esempio nell’ambito della storia dell’arte e della letteratura. «Gli alunni nel 2019 sono stati circa 500 – aggiunge Gialdroni –. L’emergenza sanitaria si è fatta acuta quando erano da poco iniziati i corsi di lingua, dopo la pausa dell’estate australe. Così circa il 75 per cento dei corsisti ha aderito alla proposta di passare alle lezioni on line».
L’Istituto è sede d’esame per le certificazioni ufficiali di lingua CILS e CELI, e gestisce una biblioteca di oltre 23 mila titoli. L’utenza è piuttosto diversificata, e si rivolge a una fascia culturale medio-alta. «La città di San Paolo è molto competitiva. E mostrare che le proposte italiane sono eccellenti in settori come la letteratura, l’arte, il teatro, la musica classica e contemporanea, il design, il cinema, ecc., richiede spirito d’iniziativa, risorse, capacità di collaborare con il mondo culturale brasiliano, e una certa dose di coraggio».
Facendo un po’ di bilanci, l’Istituto di San Paolo ha registrato, nel 2019, circa 15 mila presenze alle manifestazioni organizzate in sede, tra rassegne cinematografiche, presentazioni di libri, concerti, gruppi di lettura, rappresentazioni teatrali, ecc. L’evento di maggiore richiamo è stato la Fiera del libro «Leggi che ti fa bene», organizzata all’Istituto in occasione della Settimana della Lingua italiana nel mondo, nell’ottobre scorso, alla presenza di autori come Valerio Magrelli e Donatella Di Pietrantonio, con vendita di libri e incontri su pubblicazioni settoriali.
«Se consideriamo gli eventi in collaborazione con altri enti, musei, centri culturali a San Paolo e in altre località del Brasile (la “giurisdizione” dell’IIC di San Paolo copre tutto il Paese, tranne gli Stati di Rio de Janeiro, Espirito Santo e Bahia di competenza dell’IIC di Rio de Janeiro), sono alcuni milioni le persone raggiunte dalle attività svolte in collaborazione con il nostro Istituto; attività che comprendono grandi eventi come la rassegna cinematografica “8 ½” che tocca le principali città del Brasile e che aveva come ospite d’onore il regista Marco Tullio Giordana; e grandi mostre come “San Francesco nell’arte italiana” a Belo Horizonte e San Paolo; o una mostra personale di Bruno Munari. Tra le attività principali del 2019 abbiamo organizzato una personale della fotografa Letizia Battaglia, a cui va aggiunta una forte presenza del teatro contemporaneo italiano con le compagnie Motus, Fanny & Alexander e Alessandro Sciarroni. E poi i murales realizzati da Alice Pasquini a San Paolo e a Belo Horizonte. Sono stati proposti circa 180 appuntamenti».
L’Istituto vanta un’intensa collaborazione con numerose università italiane e brasiliane, con l’Istituto Europeo di Design, con l’IIC di Rio e gli altri Istituti Italiani di Cultura del Sudamerica, con la nostra Ambasciata a Brasilia e i Consolati di Belo Horizonte, Curitiba, Porto Alegre e Recife. Innumerevoli sono anche i legami con le più prestigiose istituzioni culturali locali, i centri culturali SESC e IMS, musei come il MASP o il Museu da Casa Brasileira, il Teatro dell’Opera di San Paolo, il Centro culturale Pivô e il grande Festival teatrale MIT.
«Tra le collaborazioni segnalo anche la partecipazione di Puglia Sounds alla rassegna “Jazz Tempo Italia”, cui hanno preso parte diverse formazioni e alcune personalità di spicco come Gabriele Mirabassi e Nicola Conte. Inoltre con Bologna Children’s Book Fair è stato possibile proporre una mostra dei migliori illustratori italiani di libri per ragazzi, e in ambito musicale sono state avviate collaborazioni con il Teatro Municipale di Bologna e il Festival Verdi di Parma e Busseto».
Nonostante il Coronavirus, l’attività prosegue anche nei prossimi mesi. «Oltre a veicolare molte proposte culturali che vengono dall’Italia, l’Istituto ha creato uno spazio su internet (https://iicsanpaolo.esteri.it/iic_sanpaolo/it/) dedicato alle nostre proposte, riconoscibili da una grafica dedicata: una casa stilizzata sulla quale si aprono le finestre dei singoli settori della promozione culturale. Abbiamo aperto alcune finestre come il cinema, con la visita virtuale alla mostra “Il centenario. Fellini nel mondo”; la letteratura, con un gruppo di lettura virtuale de I Promessi Sposi di Manzoni, e con un’antologia della poesia italiana in collaborazione con la casa editrice Emons e le Università UFSC e USP; la musica, con i contributi di vari artisti che si esibiranno a San Paolo non appena la situazione lo consentirà, come il liutista Simone Vallerotonda o l’arpista Loredana Gintoli; l’arte contemporanea con il contributo di Luca Vitone».
Altri progetti sono in fase avanzata di preparazione, come una storia della musica in quattro puntate affidata a Emmanuele Baldini, triestino, primo violino della OSESP, la più prestigiosa orchestra del Brasile, o la versione in portoghese (in collaborazione con il Consolato generale d’Italia a San Paolo) delle pillole video sul design italiano, a cura di Chiara Alessi.
Uruguay, l’Italia sul Rio de la Plata
Anche nel Paese incuneato tra Argentina e Brasile si gioca «in casa». Quasi la metà degli uruguaiani è infatti discendente di italiani, e ciò spiega la simpatia che circonda l’Italia sulla sponda orientale del Rio de la Plata. «Al di là dei legami “etnici”, l’Italia è molto amata, soprattutto dai giovani che hanno imparato ad apprezzare la nostra cultura: la gastronomia, il design, l’architettura, alcuni aspetti della tecnologia, la moda, il cinema», osserva l’attuale direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Montevideo, Renato Poma, che riveste anche il ruolo di addetto culturale dell’Ambasciata d’Italia in Uruguay. Cagliaritano, già docente universitario con un consistente bagaglio di pubblicazioni, Poma ha lavorato per le nostre rappresentanze diplomatico-culturali in Perù, Argentina e Brasile.
L’Istituto di Montevideo ha messo a punto una programmazione on line che attraverso il suo sito (https://iicmontevideo.esteri.it/iic_montevideo/it/) ha permesso, in un momento di fermo generale di tutte le attività culturali, di proporre con successo, cicli di film, conferenze, concerti e appuntamenti vari. «Abbiamo, inoltre, reimpostato i corsi d’italiano su internet, dando continuità a un progetto didattico che vede l’Istituto come l’ente che, da anni, risulta essere in Uruguay il primo per numero di studenti d’italiano. Chi frequenta i nostri eventi è anche di origine italiana. Ritengo che l’elemento che lega la cultura italiana all’Uruguay, oggi sia dato dalla connessione tra le espressioni più vive e globali della nostra cultura e del nostro modo di vivere, con i fruitori più attenti e disponibili verso quanto di nuovo e stimolante viene proposto dal nostro Paese».
Prima dell’epidemia, l’Istituto contava oltre 500 studenti di lingua italiana, ma in seguito alle misure di chiusura e confinamento (che hanno costretto il 60 per cento delle imprese locali a licenziare o a mettere in cassa integrazione molti lavoratori), sono stati persi oltre 150 studenti. Se, come si spera, si va verso un ritorno alla normalità, «intendiamo recuperare parte della nostra programmazione “in presenza” durante gli ultimi mesi del 2020».
Per gli eventi in corso si è dovuti ricorrere, analogamente ad altre istituzioni, a internet, come nel caso di una grande mostra di disegni di Federico Fellini, in occasione del centenario della nascita del regista. «A questa abbiamo affiancato le proiezioni di alcuni suoi film. Forti delle relazioni costruite negli ultimi anni, abbiamo presentato le conferenze di Edoardo Albinati, Alfonso Berardinelli e Sergio Givone, oltre a presentazioni di libri, di piattaforme didattiche, ecc. Una particolare attenzione è stata riservata alla musica, in collaborazione con l’Orchestra Filarmonica di Montevideo, agli anniversari di Giorgio Caproni, di Gianni Rodari, e all’arte, dando la possibilità di effettuare visite virtuali a esposizioni e musei italiani, e riservando uno spazio al centenario della morte di Amedeo Modigliani.
Abbiamo predisposto due importanti interventi di due designer italiani, Claudio Larcher e Andrea Savio, su Vico Magistretti in occasione della Giornata mondiale del design italiano. Infine, in occasione della Giornata della ricerca italiana nel mondo, abbiamo allestito uno spazio virtuale all’interno del quale abbiamo inserito i contributi dei professori Giacomo Rizzolatti, Franco Simini e Francesco Rossi, ricercatori nelle scienze neuronali e nella bioingegneria».
Ma tutto questo non basta, secondo Poma. «L’Italia è una grande civiltà. E questa consapevolezza manca ai decisori politici che quando parlano di cultura e di diffusione della cultura italiana all’estero non sanno bene, temo, di cosa parlano. Come italiani, abbiamo argomenti assai solidi da proporre nell’arte, nella scienza, nella tecnologia, nella musica, nelle lettere, nel cinema. E questo dovrebbe indurci a pensare in grande, considerando che la nostra cultura, per via della sua intrinseca eccellenza, può o potrebbe, tra l’altro, fungere da apripista alle nostre imprese – conclude Poma –. Ma temo che anche i privati non abbiano grande contezza di questo».
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