La crisi dell'età adulta
La sala è gremita di gente. E il personaggio sul palco è di quelli che vanno per la maggiore. Un guru, un maestro. L’intervistatore gli ha appena fatto una domanda che scotta: «Siamo tutti chiamati a cambiare identità tante volte nella vita. Il cambiamento per ciascuno di noi non è mai stato così frequente e veloce. Viviamo tutti nell’ansia. È possibile evitarlo?». Il silenzio assoluto della platea è in realtà un turbinio di pensieri.
Zygmunt Bauman, il grande sociologo polacco, ci osserva tra gli spazi delle sue ciglia folte e lunghe. È universalmente conosciuto per due sole parole, «modernità liquida», una breve frase per dire che stiamo vivendo un tempo in cui nulla è fisso – modi di essere, valori, identità – e dove tutto nelle nostre vite muta in continuazione. Due parole che tutti ripetono come un mantra, con distaccata superficialità. E invece pensarle ora quelle due parole, in questo silenzio, è una vertigine. È come stare sul ciglio del baratro. «Mi chiedete se l’ansia sia uno stato evitabile oggi – rompe il silenzio Bauman –. È una domanda cruciale. I miei contemporanei neppure se la ponevano. Perché per loro l’identità era la comunità in cui eravamo nati». Tutto era prestabilito, tappe della vita, appartenenza, orizzonti futuri. «Ora che la comunità ha perso molte delle sue caratteristiche, ha lasciato l’individuo, cioè ognuno di noi, da solo a chiedersi “Chi sono io?”. E questa necessità di reidentificarci provoca molta ansia in ciascuno di noi».
Certezze in caduta libera
Sono passati sei anni da quell’intervento e quella frase – «modernità liquida» – continua a imperversare nei media, a dispetto della morte dell’autore, avvenuta ormai quasi due anni fa. A pensarci bene la novità di quelle parole riguarda in particolare una fascia d’età, prima data per scontata: quella degli adulti. Se è normale attribuire all’adolescenza e alla prima giovinezza l’attitudine al cambiamento e l’ansia per la ricerca della propria identità, non è altrettanto normale pensare che la stessa situazione riguardi chi, almeno sulla carta, il suo posto nel mondo avrebbe già dovuto trovarlo. «Fino a vent’anni fa – afferma Roberto, 57 anni – credevo di avere delle certezze: un lavoro, una famiglia, degli amici affiatati. Oggi sembra che siano passati cent’anni: la mia azienda che gravita nel mondo bancario è in crisi, mia figlia è all’estero perché qui non c’è lavoro, gran parte dei miei amici sono divorziati e hanno preso altre strade. Non sono più sicuro di nulla».
Insomma, mai come oggi in Occidente l’età adulta è in crisi ed è in piena transizione. La modernità liquida in cui gli adulti di oggi navigano a vista può essere uno stagno in cui perdersi o un mare pieno di possibilità. Il problema è capire come e chi può decidere la rotta e che cosa può ancora farci stare in equilibrio sulle onde.
L’età non età
Ne parliamo con Duccio Demetrio che ha dedicato gran parte della sua vita allo studio di questa fase dell’esistenza e che oggi, grazie alla sua creatura, la Libera università dell’autobiografia di Anghiari (AR), vede centinaia di crisi e transizioni dell’età adulta diventare parola scritta, possibili vie d’uscita: «L’età adulta è la più trascurata, persino dagli specialisti – esordisce –, come se fosse in atto una grande rimozione». La prima spia di questa crisi, la più evidente, è che sono saltati i riti di passaggio al mondo adulto: l’entrata nel mondo del lavoro, l’autosufficienza economica, il matrimonio, il diventare genitore, l’assumere ruoli sociali. La ragione più citata per spiegare il blocco del passaggio all’età adulta è quella economica, in un mondo che appare sempre più in balìa di oscure forze globali. E così, per esempio, la dipendenza di molti dalla famiglia fino a tarda età viene spiegata solo come causa della difficoltà di trovare un lavoro. Ma i fattori economici, pur rilevanti, da soli non bastano. Ancora più importanti sono le ragioni culturali: la fine delle grandi ideologie ha portato all’affermazione dell’individuo e lasciato sullo sfondo la comunità di cui parlava Bauman: «Oggi vige una concezione della vita all’insegna della grande libertà dell’individuo. Le possibilità di scelta sembrano infinite e alla portata di tutti. Così, per esempio, un giovane può scegliere di anticipare alcune funzioni dell’età adulta ma non altre. I passaggi, insomma, non sono più regolati dalla consuetudine, ma diventano scelte personali e private. Quindi, per loro natura, instabili».
Ma se i giovani si «adultizzano» precocemente e spesso a metà, gli adulti a loro volta si «giovanilizzano» all’infinito: «Non accettano di invecchiare – continua Demetrio –, ma anzi fanno di tutto per rimanere giovani, tanto che è ormai difficile capire dove inizi e finisca l’età adulta». L’esito di questo processo è un paradosso: «L’età adulta che prima era un’età piuttosto breve e stabile è diventata, anche grazie all’allungamento della vita, l’età più lunga». Una specie di età-non età che rischia di diventare anche la più instabile.
Lo sfasamento più grave, a detta di Demetrio, è che «l’adultità» non coincide più con la maturità: «Si può diventare biologicamente adulti, ma non è detto che si diventi anche maturi, cioè pronti ad affrontare quei compiti sociali, relazionali, affettivi e professionali che un tempo ci si aspettava dall’età adulta. Paradossalmente potresti andartene da questa vita senza avere mai compreso il senso del tuo esserci».
La crisi attuale ha ragioni profonde, è crisi dei valori che orientano la vita: «Non vorrei suonare moralistico, ma constato ogni giorno che si è sostituito il desiderio di emancipazione e di crescita con l’inseguimento dell’autocompiacimento e del godimento narcisistico. La felicità non è più intesa come pienezza di vita, ma è diventata l’opposto del dolore, dell’impegno da cui si tenta di fuggire a ogni costo. L’opportunità offerta dall’avvento di una società di individui liberi è diventata individualismo, il principio di responsabilità caratteristico del mondo adulto si è capovolto nel principio del piacere».
Le conseguenze negative della «grande rimozione» assumono varie forme: relazioni superficiali, bisogno di apparire per marcare il proprio stare nel mondo, solitudine esistenziale: «È come se avessimo sdoganato alcuni desideri e represso alcuni importanti bisogni, con ricadute nefaste che generano nevrosi personali e collettive».
Cerco un centro di gravità...
Eppure non possiamo certamente dire che un tempo si stava meglio. L’età dell’individuo e della libertà è una grande opportunità per tutti. I rigidi schemi del passato se, da un lato, davano sicurezza e identità, dall’altro chiudevano gli orizzonti in strade predefinite, ingabbiavano le identità, limitavano le possibilità di vita. Come navigare, quindi, in un mondo in perenne mutamento, cogliendo le opportunità e conservando il proprio centro di gravità?
Una delle risposte possibili viene da un convegno del 23 ottobre scorso all’Università Bicocca, dal titolo significativo: «Nel frattempo. Transiti nell’età adulta». Il convegno, dedicato agli esperti di educazione degli adulti, partiva da alcune premesse generali: «Tutta la nostra vita è un susseguirsi di transiti, alcuni subiti e altri scelti – afferma – Micaela Castiglioni, organizzatrice dell’evento –. La parola latina transitum ha in sé due dimensioni, è “passare oltre” e nello stesso tempo “passare attraverso per superare”. Transitare significa fare esperienza della precarietà, dell’incertezza e del vuoto per arrivare a un nuovo senso. È un percorso faticoso, che ha dei rischi. Ma nell’esperienza del passaggio io non divento un’altra da me, divento un’altra me». Ciò significa che nel cambiamento io non mi perdo, conservo la mia storia e quello che sono, ma vengo proiettata oltre la crisi più consapevole delle mie possibilità.
Ritorna su questo concetto anche Duccio Demetrio, declinandolo però in altro modo: «Bisognerebbe tornare a guardare al futuro recuperando il senso della nostra memoria, sia quella individuale, sia quella collettiva. Non solo “io” ma “noi”. Non solo la mia libertà ma anche la mia responsabilità. Non solo la mia felicità, ma anche quella degli altri. Non solo la capacità di adeguarmi, ma anche quella di emanciparmi. Se non ho dentro di me questa consapevolezza, la grande risorsa della libertà individuale va sprecata, diventa una merce in più sugli scaffali del supermercato».
Riconquistare il senso etico e la consapevolezza delle proprie potenzialità sembra a questo punto il segreto per rimanere a galla nei continui cambiamenti. Segreto prezioso, ma impegnativo, difficile da conquistare: «Non so francamente come questo recupero di senso possa avvenire – continua Demetrio –. Tuttavia, la mia lunga esperienza alla Libera università dell’autobiografia di Anghiari mi suggerisce che le donne in questo hanno un ruolo importante, anche se sottotraccia. Il 97 per cento delle persone che frequentano i nostri corsi sono donne. Usano la scrittura autobiografica, quindi un percorso complesso e faticoso, per ritrovare senso. Confessioni laiche di cento, centocinquanta pagine, che descrivono crisi e tratteggiano transizioni. Al fondo una capacità di ripensarsi e ripensare il mondo, di riformulare priorità e obiettivi, che sono svolte di maturità».