23 Dicembre 2016

La curiosità di Fabrizia per la vita

Il direttore di «Berlino Magazine», punto di riferimento degli italiani in Germania, ricorda Fabrizia Di Lorenzo, la giovane vittima della strage di Natale a Berlino, che con il giornale collaborò.
Berlino, giovani abbracciate nel luogo della strage di Natale
Berlino, giovani abbracciate nel luogo della strage di Natale
©Fabrizio Bensch/Reuters

Il 3 dicembre scorso Fabrizia Di Lorenzo visitava il mercatino giapponese che annualmente ha vita presso l’Arena, bellissimo club affacciato sul fiume Sprea, nel quartiere di Treptow, piena Berlino Est. Due settimane dopo, come purtroppo tutti sappiamo, la sua scelta è ricaduta su un altro e ben più tradizionale mercatino natalizio, quello di Breitscheidplatz, esattamente dalla parte opposta della città. Con la metropolitana, a Berlino, le distanze sono brevi a prescindere dai chilometri di distanza. I pigri non hanno scuse, ma Fabrizia non era comunque una di loro, come del resto non lo sono i migliaia di italiani che hanno deciso di lasciare il Belpaese per costruirsi una vita nella capitale tedesca.

A marzo 2014 trasformai un blog di discreto successo, «Berlino Cacio e Pepe», in un sito più articolato e aperto ai contributi di altre persone. Nacque così «Berlino Magazine». Il progetto era senza budget, ma cercavo comunque collaboratori che avessero voglia di scrivere di Berlino in italiano.Grazie a una conoscenza comune, venni in contatto con Fabrizia. Da laureata in Relazioni internazionali, nonché appassionata di Germania (non aveva vissuto il trasferimento all’estero come una costrizione, a lei piaceva la cultura tedesca già dall’Italia) era entusiasta all’idea di scrivere di geopolitica e, più in generale, di qualsiasi iniziativa culturale in città. Pubblicò poco, solo quattro articoli, ma per circa un anno partecipò alla vita di redazione. Smise perché non riusciva a dedicarcisi abbastanza. «Ma rimarrò sempre una fan del magazine». Da allora, nonostante la sua gentilezza e disponibilità mi avessero sempre colpito positivamente, non la sentii più. L’amicizia via facebook ti suggerisce l’idea che anche una persona sia sempre a portata di mano. Quando lo si vorrà, ci si vedrà senza problemi.

Intanto però il tempo passa. A Berlino, come in tutte le città popolate da italiani all’estero (ma il discorso è analogo a quello di qualsiasi comunità di espatriati), la sensazione è leggermente diversa. E questo perché tutti, nel profondo, ci sentiamo uniti, anche quando non ci conosciamo, dall’idea di condividere lo stesso sguardo sia sulla città in cui abbiamo scelto di vivere, Berlino, capitale che ha fatto del suo stesso nome un sinonimo, oggigiorno, di libertà e spensieratezza, che su quell’Italia che ci siamo lasciati alle spalle, croce e delizia di qualsiasi nostra conversazione.

Ne parliamo male tra di noi, ma ne siamo spesso i primi difensori quando uno straniero prova a metterne in luce i difetti con una conoscenza del Paese che ai nostri occhi  non appare mai abbastanza. Salvo qualche eccezione, solo noi abbiamo il diritto di arrabbiarci con l’Italia. Gli altri, che si limitino ad apprezzarne la cultura, i sapori, i colori, la tolleranza e i sorrisi come quelli di Fabrizia, curiosa cittadina di un mondo che sentiva non avere confini.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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