La via della mitezza

Ogni anno, nella festa di tutti i santi francescani, i frati minori rinnovano la loro professione religiosa.
29 Novembre 2024 | di

Il 29 novembre 1223 veniva approvata da papa Onorio III la Regola dei frati minori. Un documento ufficiale che andava a confermare una forma di vita che già da qualche tempo (poco più di dieci anni) si stava diffondendo in Italia e in varie parti dell’Europa. Il fondatore, Francesco d’Assisi, aveva già avuto un’approvazione orale di questo modo di vivere il Vangelo già nel 1209, quando si era formata una piccola fraternità attorno a lui. È lo stesso Francesco che lo ricorda nel suo Testamento (cfr. FF 116):

E dopo che il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. E io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor papa me la confermò.

La storia della Regola è piuttosto sofferta, specialmente per Francesco, che voleva proporre anzitutto un percorso spirituale più che un testo normativo. Ma era necessario avere delle disposizioni inquadrabili anche a livello canonico, per cui alla fine aveva dovuto cedere alle richieste dell’Ordine e della Chiesa.

Tuttavia non mancano nella Regola delle esortazioni e indicazioni spirituali, che prendono spunto anzitutto dal Vangelo, a partire dall’inizio (Regola Bollata I,1; FF 75):

La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

Tra i molti aspetti che si possono evidenziare, un tratto che ritorna è quello della mitezza. La parola “mite” deriva dal latino “mitis” che significa “maturo”, ma un’interessante associazione la lega anche a vocaboli come il verbo inglese “meet”, cioè “incontrare” ma anche “soddisfare”, e la preposizione tedesco “mit”, che significa “con”. Potremmo dire che la persona mite è colei che sa stare bene con gli altri, in modo maturo. Francesco raccomanda questa virtù anzitutto quando i frati sono in mezzo alla gente: quanto ci aiuta stare con una persona umile e che ci vuole ascoltare! Ecco le parole della Regola:

Consiglio poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le dispute di parole e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. (Rb III, 10-11; FF 86)

La virtù della mitezza, poi, è da esercitare nel tempo della prova e della difficoltà; Francesco è molto fine e sensibile, per cui riconosce una situazione in cui spesso cadiamo: quando è l’altro a peccare e a sbagliare. In quell’occasione è facile scagliarsi contro, trovare nell’altro il capro espiatorio… ma ciò finisce col rompere la carità; è di nuovo lo “stare con” l’altro, l’essere mite, la via da seguire:

E devono guardarsi di non adirarsi né risentirsi per il peccato commesso da un frate, poiché l’ira e il risentimento impediscono in sé e negli altri la carità. (Rb VII, 3; FF 95)

Tutto questo è possibile solo con la grazia di Dio; per questo Francesco insiste nel sottolineare qual è la cosa più importante: avere lo Spirito del Signore. 

Facciano attenzione che sopra ogni cosa devono desiderare lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nell’infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci accusano, poiché dice il Signore: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e calunniano». (cfr. Rb X, 8-10; FF 104).

Ogni anno, il 29 novembre, festa di Tutti i santi francescani, i frati minori rinnovano la professione della Regola: è l’occasione per ricordare quanto promesso e per ripartire con nuovo slancio, cogliendo l’esempio di tante persone che proprio sulle orme di san Francesco hanno seguito il Vangelo di Gesù Cristo.

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Data di aggiornamento: 29 Novembre 2024

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