Vite come giardini
«Il Signore non è un deserto o una terra senza sole, dove nessun frutto, o solo pochi frutti vengono prodotti; al contrario, è il giardino del Padre, è la terra benedetta, dove qualunque cosa seminiamo, ricaveremo il centuplo» (Sant’Antonio, Sermoni, V Quaresima 14).
Ci sono cose inutili che danno gioia. Gesti, situazioni o anche oggetti per noi speciali che non producono proprio niente ma che ci allargano il cuore. Inutilmente, senza guadagnarci nulla. Pensiamo a una bella chiacchierata con una persona amica: tempo speso a non fare niente, se non ad alleggerirci lo spirito a vicenda condividendo desideri e preoccupazioni. Oppure un bel vaso di fiori al centro della tavola, messo lì per dare luce a un pranzo di famiglia: un «ingombro» che non ci servirà per riempire lo stomaco, ma che farà del suo meglio per riempirci l’animo: di colore e fantasia. Anche il profumo non serve a niente: se non ce l’abbiamo addosso, non cambia nulla. Eppure Gesù loda quella donna che, sprecando una quantità immensa di profumo per dirgli che gli voleva bene, ci fa capire che il Vangelo ha a che fare con gesti così: folli e gratuiti.
Si potrebbe allungare la lista di queste cose inutili ma preziose. Una ce la ricorda sant’Antonio: il giardino. Sì, un giardino non dà frutti da deporre come cibo sulle nostre mense. Anzi, spesso ci prosciuga energie perché, per avere un giardino come si deve, occorre metterci cura, attenzione, uno sguardo che sappia capire se una pianta sta bene o male e intuire posizioni giuste. Oggi come oggi, poi, occorre anche essere disposti a rimetterci un po’ di denaro, per concimi e… antiparassitari. Tutto per non avere niente! Se non un po’ di fiori, un po’ di ombra, un po’ di verde. Ma anche tanta gioiosa soddisfazione! C’è chi parla per ore dei suoi fiori, del suo giardino! Un incanto starlo a sentire. Educa il cuore, insegna la delicatezza, la pazienza dell’attesa, l’arte di ricominciare se qualcosa va storto.
Gesù è un giardino, dice sant’Antonio. Avrebbe potuto usare un’espressione diversa e invece no, dice proprio giardino. Per di più un bel giardino assolato, terra fertile in piena luce. Dunque inutile anche lui? Anche Gesù? Per certi versi lo è. Il che starebbe a dire che Gesù ama avere con noi un rapporto non opportunistico, di dare-avere, ma festoso come una chiacchierata tra amici, inebriante come un profumo. Che poi in realtà il Signore Gesù ci serva, lo sappiamo tutti. Non tanto perché noi possiamo usare lui, servircene come di un distributore automatico di servizi, come di uno scudo spaziale contro ogni minaccia. Gesù ci serve perché si fa nostro servo. Serve noi, si mette al nostro servizio. Regalandoci – è sempre il nostro Santo a dircelo – la benedizione del Padre. In Gesù il Padre ha seminato per noi ogni ben di Dio; letteralmente, proprio ogni «ben di Dio», ogni bene che gli è proprio, che corrisponde, cioè, al suo volto proteso a nostro favore, per farci gustare la vita come il dono più grande.
Forse è questa la centuplicata sovrabbondanza che nasce dal giardino che è Gesù: saperci voluti e ricercati da un Padre che ama la nostra vita non per chiuderla dentro piccoli soffocanti spazi, ma per aprire in noi orizzonti più liberi e ampi, in cui possiamo farci stare – come fiori da custodire – ogni fratello e sorella che attende da noi la dedizione di giardinieri esperti.
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