Non tutto il male vien per nuocere

La vita non è quello che ci accade, ma quello che scegliamo di fare con quello che ci accade. Il modo in cui viviamo fa la differenza.
26 Novembre 2024 | di

Ho cominciato ad apprezzare la saggezza di questo proverbio abbastanza tardi; da giovane non lo avrei compreso. Eppure adesso, alle soglie della senilità, è certamente il mio proverbio preferito. Come si fa a credere che non tutto il male vien per nuocere? Quando le cose non vanno come vogliamo, noi ci arrabbiamo, siamo tesi, nervosi, cominciamo a lamentarci con Dio, col destino e con tutti i malcapitati che abbiamo intorno. Se le aspettative diventano pretese, quando le cose non girano per il verso giusto sono guai.

Certo non tutti i tipi di «male» sono uguali: una grave malattia o la perdita di una persona amata ci toccano profondamente provocando una sofferenza non facile da digerire né da gestire. Ma quando si tratta di imprevisti, eventi inaspettati, insuccessi, fallimenti o crisi di varia natura possiamo scegliere di affrontarli con coraggio scoprendo che spesso, nella fatica e nell’ansia che possono provocare, si celano opportunità impensate e si aprono scenari che non avevamo immaginato. Quante volte abbiamo sperimentato che una cosa accaduta che ci sembrava negativa è stata un’occasione per qualcosa di migliore! Tutti siamo condizionati dalle preoccupazioni, e quando diventiamo confusi e afflitti perdiamo il controllo della mente e ci lasciamo dominare dalle passioni, dallo scoraggiamento e dalla tristezza. La vera questione è che non vogliamo mollare il controllo; non ci basta essere attori della nostra vita: vorremmo anche essere registi e sceneggiatori. Ma la vita non si lascia ingabbiare né condizionare dai nostri umori né dai nostri desideri. La vita non è quello che ci accade, ma quello che scegliamo di fare con quello che ci accade, il modo in cui la viviamo fa la differenza.

Chi di noi non ha attraversato crisi nella vita? Quando ci siamo dentro, nel bel mezzo della tempesta, non vediamo l’ora che passi per tornare alla nostra comoda routine quotidiana, senza scossoni né incertezze. Eppure le crisi quasi sempre servono a evitarci il peggio. Ho fatto mie da molti anni le parole sagge e sorprendenti di Christiane Singer, sul buon uso delle crisi: «Nel corso della vita ho maturato la certezza che le catastrofi servono a evitarci il peggio. E il peggio, come potrei spiegare cos’è il peggio? Il peggio è proprio aver trascorso la vita senza naufragi, essere rimasti alla superficie delle cose, aver danzato al ballo delle ombre, aver guazzato in questa palude dei “si dice”, delle apparenze, non essere mai stato scaraventato in un’altra dimensione» (Christiane Singer, Del buon uso delle crisi, p. 33).

La crisi ti getta in un’altra dimensione dove non puoi attaccarti alle consuete e confortanti sicurezze e sei costretto a rialzarti e ricominciare a camminare, perché stare fermo sarebbe più doloroso che muoversi. Arriva una situazione che non ti aspettavi, che non avresti mai cercato e ti dici: «Questa non ci voleva! Ma proprio a me doveva capitare?». E se proprio grazie a quella cosa che non avresti mai voluto si aprisse qualcosa di nuovo? Qualcosa che arricchirà la tua vita?

Ciò che in un primo momento ti sembra tanto importante, nel bene e nel male, in un secondo momento può risultare inconsistente. Il più delle volte si scopre che ciò che ci esaltava o ci abbatteva non era essenziale. «Quando vengono toccati dalla gioia o dal dolore i saggi non si esaltano né si deprimono» (Dhammapada). Le persone sagge sviluppano equanimità e resilienza riuscendo a interpretare le crisi e gli eventi negativi in maniera ottimistica. E l’ottimismo è soprattutto una abilità cognitiva che possiamo imparare e che ci consente di accorgerci che… non tutto il male vien per nuocere!

Per vivere bene bisogna rinforzare la nostra capacità di resilienza; una parola che negli ultimi anni si sta diffondendo anche tra i non addetti ai lavori e forse a volte viene usata un po’ a sproposito. Presa a prestito dall’ingegneria metallurgica, la parola resilienza sta oggi a indicare la capacità di una persona di far fronte allo stress e alle avversità delle vita, piccole e grandi, uscendone rafforzati e abili nel riorganizzare positivamente la propria vita e le proprie abitudini a seguito di un evento critico negativo. Le persone resilienti sono coloro che di fronte a una difficoltà, a un evento doloroso o traumatico, a una crisi inaspettata, non si arrendono né si scoraggiano, trovano in se stesse la forza di andare avanti, riuscendo talvolta a trasformare l’evento negativo subìto in una fonte di apprendimento che consenta loro di acquisire competenze utili per migliorare la propria vita.

In questo percorso di accettazione e di trasformazione, la fede autenticamente vissuta e una pratica spirituale matura e feconda possono fare una enorme differenza. Ricordo ancora un memorabile incontro a cui ho partecipato tanti anni fa a Camaldoli, in cui veniva intervistato Vittorio Gassman proprio sui temi della fede e della spiritualità. Quando gli chiesero che cos’era per lui la fede, diede una risposta sorprendente: «Per me la fede è come la matta a sette e mezzo; è quella carta che dà valore a tutte le altre!». Sì, sono convinto: non tutto il male vien per nuocere e ognuno di noi, anche senza saperlo, compone la propria vita secondo leggi di bellezza e armonia, perfino nei momenti di più profondo smarrimento.

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Data di aggiornamento: 26 Novembre 2024
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