09 Marzo 2020

La Quaresima al tempo del virus…

La faccenda del coronavirus, tanto quanto la Quaresima liturgica, ci insegna che possiamo salvarci solo assieme. Ma se per la Quaresima la medicina è la solita «vitamina C», C come Cristo, per il virus, ci affidiamo a scienziati e medici.
L'unione fa la forza. Anche contro il coronavirus.
L'unione fa la forza. Anche contro il coronavirus.
© Manoon Chongwattananukul / GETTY IMAGES

Attenzione! Questo non è un articolo né scientifico né medico. Però non riesco a non connettere tra di loro in qualche modo il tempo liturgico di Quaresima che stiamo vivendo nelle nostre comunità cristiane, e l’emergenza coronavirus, questa invece trasversale a qualsiasi appartenenza. Mi ci provoca la stessa terminologia. «Quaresima» sta per quaranta: più o meno i giorni che separano la celebrazione del Mercoledì delle ceneri dalla Domenica di resurrezione, ma anche i quaranta giorni di Gesù tentato nel deserto, e, ma in questo caso trattasi piuttosto di anni, il tempo trascorso dal popolo ebraico sempre nel deserto, dopo la fuga rocambolesca dall’Egitto. E, dall’altra parte, mai come in questi giorni ci siamo riassuefatti al termine «quarantena», che indicava i quaranta giorni che una nave doveva starsene isolata all’arrivo in un porto durante la peste.

Il tempo forzato di quarantena era ed è caratterizzato dall’inattività, dal digiuno di relazioni e cose da fare: tutto si riduce al minimo esistenziale, si rallentano i ritmi quotidiani. Mi sa che anche tablet e Tv alla lunga non vengono più in soccorso neanche loro. Resta solo da aspettare. Ci si sente incredibilmente soli e avvolti dal silenzio, anche in città. C’è tempo per pensare a sé, forse anche presi alla gola dalla paura della morte. Sentiamo come non mai la mancanza di contatti, incontri, mani da stringere, guance da baciare, chiacchiere da scambiare. In cambio, probabilmente, ci siamo scoperti tutto sommato capaci di fare a meno di tanto altro, a quanto pare, non così necessario.

Perché?! La Quaresima non è proprio iniziata con un po’ di cenere in testa che avrebbe dovuto ricordarci la nostra fragilità e il nostro limite? E non è un tempo liturgico caratterizzato dal digiuno, una volta quasi solo riferito al cibo, ma al giorno d’oggi allargato a molto altro di cui ci circondiamo e a cui talvolta affidiamo le sicurezze della nostra vita? Non dovrebbe per definizione essere questo un tempo «buono» per riscoprire le cose importanti, davvero importanti della nostra vita, per rimetterle al centro? Non ci capita purtroppo di aver bisogno di rimanerne senza, per accorgerci di quanto ci manchino (le relazioni, gli amici, la comunità, la messa domenicale, la Parola di Dio…)? Non c’è bisogno di riscoprirci tutti, con serenità e fiducia, un po’ più… umani? E la faccenda del virus, tanto quanto la Quaresima liturgica, non ci sta insegnando di nuovo che possiamo salvarci solo assieme? In questo caso la medicina c’è: è la solita «vitamina C». C come Cristo. Per quell’altro virus, ci affidiamo a scienziati e medici, che ringraziamo di cuore per ciò di cui si stanno facendo carico in questo periodo, e al nostro senso di responsabilità. Mentre affidiamo al Signore, per intercessione di sant’Antonio, i malati e le famiglie visitate dalla morte.

Data di aggiornamento: 09 Marzo 2020
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