31 Gennaio 2019

La sorpresa dentro

Quand’anche non ci sentissimo portati a compiere eclatanti gesti eroici di santità, ci resterebbe la nostra vita di ogni giorno, piatta, banale. Perfetta, però, per traghettare Dio in ogni luogo.
miracoli del quotidiano
Miracoli... del quotidiano
@ Je suis l’Autre

Papa Francesco ci ha parlato della «santità “della porta accanto”», la santità della quotidianità, dove «compiere azioni ordinarie in modo straordinario» (Gaudete et exsultate nn. 7 e 17). Già, come se non fosse più semplice e chiara una botta di santità eroica, e via! Invece di un rosario monotono e ripetitivo di gesti banali, sempre uguali a se stessi, per niente nobili, che nessuno nota («mai un grazie neppure da mio marito, neppure da mia moglie, neppure dai miei figli…»), ti piazzo lì un bel gesto straordinario e mi fan santo subito: dono un bel po’ di soldi ai poveri, vado in Africa a fare volontariato per un anno, a qualcun altro toccherà magari di essere perseguitato in nome di Gesù, ed è fatta. Santo o santa una volta per tutte! Bene, adesso che ho dato, posso tornarmene alla mia vita normale? Ne stiamo parlando anche nelle pagine di catechesi.

Ma quando i riflettori sono spenti, quando abbiamo tra le mani niente di più della nostra umanità, fragile, recalcitrante, paurosa, attraversata da fremiti che non sappiamo bene neanche noi a chi imputare, quando ci mettiamo tutto il nostro impegno ma non basta mai, quando le ore scorrono senza scossoni né sussulti, che si fa?! Siamo proprio sicuri che Dio sia disponibile a essere sfrattato dalla domenica, che in fin dei conti è il suo giorno, al lunedì, al martedì e al resto della settimana? Passare dalla poesia del tempo e del luogo sacro alla prosa di tempi e spazi ben più feriali e dissacrati? Non è un po’ troppo irriverente, dopo averlo devotamente adorato nel Santissimo Sacramento, cercarlo mescolato tra la biancheria sporca da lavare, le bollette da pagare, i giochi dei bimbi in disordine, il pranzo da preparare, i colleghi in ufficio, i figli adolescenti da lasciar sfogare, i nonni da accudire? Tanto più che certi ambiti sono proprio impermeabili al messaggio cristiano, mentre in altri è meglio lasciar perdere: per rispetto, per quieto vivere, perché è meglio così. Forse anche un po’ per viltà. O perché «noi siamo per la distinzione degli ambiti… la separazione Chiesa-Stato… la coscienza interiore e i doveri esteriori…»: insomma, dottor Jekyll e mister Hyde.

Qualche altra volta, molto più semplicemente, perché non sappiamo bene come fare. Ci sentiamo missionari un po’ impacciati, non all’altezza della situazione. Buoni per le retrovie, sacrestie e sagre del patrono, non per la prima linea.

Ma allora che si fa con l’impegno alla santità? Papa Francesco ha buoni consigli da dare.

A me, più terra terra, viene in mente la storia antica di Elena, Ettore, Achille e tutti gli altri che se le diedero di santa ragione sotto le mura della città di Troia. E in particolare lo stratagemma escogitato dal quel furbacchione di Ulisse: il cavallo di Troia. Della serie: come farti trovare direttamente dentro casa i tuoi nemici, ben celati nel ventre di un enorme cavallo di legno, senza che tu abbia il minimo sentore di ciò che stai per ritrovarti tra i piedi, persino contento del pacco dono inaspettato. Un regalo, in questo caso, indigesto. Come, con felice immagine inventata dai padri della Chiesa, fu indigesto per la morte aver «inghiottito» Cristo considerandolo ben che defunto. E invece era vivo!

Dove voglio arrivare?

Quand’anche non sapessimo, non potessimo o non volessimo fare altro; quand’anche non fossimo chiamati o non ci sentissimo fatti per eclatanti gesti eroici di santità; beh, non ci resta appunto la nostra vita di ogni giorno, piatta, banale, che non accende né attenzioni né curiosità su di sé?! E questa nostra vita non potrebbe essere il «cavallo» per mezzo del quale portiamo e introduciamo Dio ovunque?! Siamo i «cavalli di Troia» di Dio.

Se Dio è dentro di noi…

 

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Data di aggiornamento: 31 Gennaio 2019
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