La speranza tenace dell’olio nuovo
Ascolto gli amici delle colline toscane: sono contenti della raccolta delle olive. Tante, tantissime. Di buona qualità. I terreni sono coperti dalle reti verdi, centinaia e centinaia di raccoglitori sono chini verso le olive che, entro poche ore, devono arrivare ai frantoi il più in fretta possibile. Un amico, un amico di una certa notorietà, che vive alle porte di Firenze, ha scritto: «L’olio nuovo è come una insinuazione di primavera dentro l’autunno pieno». È vero: ci regala, anche in tempi di Covid, un’ultima felicità prima dell’inverno. Potrebbero mandare in onda ogni sera le informazioni sulla raccolta delle olive assieme a quelle sulla diffusione del contagio (anche se nemmeno quelle delle olive, a livello nazionale, vanno benissimo. Colpa di un clima anomalo – siccità, maltempo –, senza dimenticare l’epidemia di xylella in Salento).
Un’altra amica toscana mi manda una foto piena di sfumature di verde-oliva. Ritrae due uomini: un padre anziano e un figlio. Il figlio sta distendendo il telo verde-scuro come se fosse un lungo velo da sposa, il padre non ha più la forza di raccogliere, ma è voluto uscire nel campo e ha preteso una sedia. È seduto sotto un olivo, accanto ci sono le cassette di plastica gialla, già piene di olive. Giorgio vuole stare qui: «Si sta bene, fa piacere il rumore che fanno quando cascano».
Sono 573 le varietà di olive italiane, la più grande biodiversità al mondo, e, in queste settimane, la maggioranza ha cambiato colore: da verdi stanno diventando violacee e nere, è il momento migliore per la raccolta. Come vorrei donare il lieve concerto delle olive di Giorgio che cadono ai contadini della Puglia. In Salento, la xylella è stata una tormenta senza pietà. Quest’anno la raccolta nazionale è crollata del 22 per cento. Le malattie delle piante e degli uomini sono state crudeli. Ma la qualità, mi rassicurano ancora, sarà buona. Mi stanno dicendo che, nonostante tutto, è possibile ben sperare.
Deve esserci una gran voglia di raccontare le storie delle campagne. Ho ricevuto molte telefonate di amici che stavano facendo la raccolta delle olive. Alcuni, rimasti senza lavoro, per la prima volta. Dalla Toscana, dalla Campania, dalla Puglia, dalla Basilicata. Nemmeno una parola sul Covid. Come se, davvero, si cercasse un futuro nei campi. E l’olio è una grande storia. So che in un campo, in altre colline fiorentine, un centinaio di ragazzi sta cogliendo a mano le olive di un grande oliveto. Qualcuno è venuto con i rastrelli per pettinarle, ma i più sono a mani nude: hanno tempo, voglia e desiderio, brucano le olive. Non vogliono scuotere gli alberi, non vogliono danneggiare la drupa. Già pregustano il sapore dell’olio. E hanno voglia di raccontarlo.
1 comments