Le universitarie oltre il muro israelo-palestinese

L’aiuto di Caritas sant’Antonio a un collegio femminile a Betlemme consente alle giovani palestinesi di continuare a frequentare l’università. E ha prodotto forme collaterali di bene.
13 Marzo 2020 | di

Un muro divide, esclude, allontana, ma per chi già vive ai margini è una doppia condanna. Lo dimostra la storia di un gruppo di ventuno studentesse universitarie palestinesi, trasferitesi a Betlemme per frequentare i corsi. Per una donna vivere in Palestina è ancora più complicato: il lavoro è un miraggio e il conflitto israelo-palestinese rende difficile ogni progetto e pericoloso ogni spostamento. Il muro che divide i territori palestinesi da quelli israeliani si è messo in mezzo anche alle loro vite. Per raggiungere l’università, dovrebbero sottoporsi ogni giorno ai controlli dei checkpoint e ai pericoli di tragitti militarizzati, ancora più insidiosi per una donna. Tuttavia, le nostre ventuno studentesse ce l’hanno fatta, grazie alla possibilità di soggiornare a poco prezzo in un pensionato femminile. «Ma nel 2007 il pensionato chiuse – racconta suor Severina Anna Loira della congregazione delle Figlie di sant’Anna, responsabile delle studentesse –. Un dramma per le giovani, che vedevano così sfumare l’unica possibilità di riscatto».

Cristiane e musulmane chiedono aiuto alle suore

Le ragazze non si arrendono. Si rivolgono alle Figlie di sant’Anna, anche se molte di loro sono musulmane, e chiedono di soggiornare al convento. «Avevamo un’ala destinata a un centro di spiritualità – ricorda suor Anna – e abbiamo ritenuto che fosse parte del nostro carisma utilizzarla per rispondere subito ai bisogni di queste giovani». Grazie ad aiuti ricevuti, le suore riescono a dividere i locali in stanzette e ad arredarle con mobilio di seconda mano. Non è una reggia, tuttavia non manca da parte delle suore la voglia di aiutare le ragazze. Negli anni, con l’avvicendarsi delle studentesse, le molle fanno capolino dai materassi e il senso di trasandato non aiuta di certo lo studio.
Le suore vorrebbero fare di più, ma il convento è povero. E così la scorsa estate, Isabella Di Conza, superiora provinciale, scrive a Caritas sant’Antonio: «Le nostre possibilità sono limitate, le rette delle ragazze sono insufficienti, alcune di loro hanno bisogno dell’aiuto della Caritas locale per pagarsi gli studi. Promuovere la donna e dare speranza per il futuro sono finalità che ci danno la forza di andare avanti, nonostante le difficoltà. I mezzi sono pochi, ma cerchiamo di offrire il necessario, un ambiente sereno, custodito, familiare. Un supporto per migliorare la casa di accoglienza renderebbe ancora più efficace il nostro aiuto». Ci vorrebbero circa 20 mila euro per cambiare letti e materassi, comprare comodini, sedie e scrivanie, sostituire alcuni degli armadi ormai rotti e acquistare un salottino in cui condividere i momenti di ricreazione. La conferma del sostegno di Caritas sant’Antonio inizia una catena di bene imprevista.

Il bene a cascata

«Ho chiamato il padrone di una piccola falegnameria locale – riprende il racconto suor Anna – per ordinargli i mobili. L’artigiano non finiva di ringraziarci, vedeva nel nostro ordine una provvidenza: poteva dare lavoro a venti operai palestinesi da poco licenziati, che non avevano il visto per andare a lavorare in Israele. Una gioia immensa che traspare dalla cura con cui questi uomini hanno costruito e rifinito i mobili delle ragazze». Quando i mobili sono quasi pronti, le suore radunano le studentesse e comunicano la notizia che dall’Italia dei benefattori hanno pensato a loro. «Le vostre camere saranno completamente rinnovate». È il 12 dicembre 2019, il Natale è alle porte. Le ragazze esplodono di gioia, non stanno nella pelle. C’è chi ha gli occhi lucidi per la commozione. Ogni giorno chiedono a suor Anna quando arriverà il camion. «La sera di sabato 28 ci avvertono che i mobili son pronti. Inizia un andirivieni di ragazze che svuotano armadi, trascinano i vecchi mobili in corridoio. C’è un’allegria contagiosa». Domenica tutte ritornano in famiglia e gli operai hanno campo libero, per montare il nuovo mobilio e portare il vecchio in magazzino. Il giorno dopo è festa. Quei mobili belli, che sanno di nuovo, sono un anticipo di futuro.

«Ma non abbiamo buttato via niente – spiega suor Anna –. Sappiamo bene quanto la povertà sia grande per la gente delle zone rurali, gli spazzini, i garzoni del supermarket e dei fruttivendoli. Così li abbiamo chiamati da noi per portarsi via quello di cui avevano bisogno». E anche qui scoppia, inattesa, la gioia: c’è chi da quella sera dormirà in un letto vero invece che su una stuoia o chi studierà comodamente seduto a una scrivania, invece che piegato sulle sue ginocchia. «Il vostro aiuto – continua suor Anna – è stata una catena di carità gioiosa. Per le ragazze, per gli operai, per l’azienda, per i poveri che ci vivono attorno. Benedetto il Signore per il dono della carità. Benedetto il vostro dono».

Data di aggiornamento: 13 Marzo 2020

1 comments

23 Marzo 2020
La Provvidenza e' la Carita' incarnata . da un vincenziano chiamato a farsi prossimo .
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di Carlo Daniele

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