A lui interessano solo i soldi!
«Cari Edoardo e Chiara, sono sposata da diciotto anni e ho tre figlie. Ho conosciuto mio marito quando ero alle superiori, mentre lui, per ragioni familiari, aveva lasciato gli studi e lavorava come artigiano. Durante i nove anni di fidanzamento abbiamo parlato tantissimo e sembrava avessimo gli stessi valori e sogni. Con il matrimonio, però, tutto è cambiato. Ho anche compreso che era molto legato alle cose materiali e ai soldi, tant’è che dopo un anno di matrimonio scopro che di nascosto aveva aperto un conto corrente solo a suo nome senza dirmi nulla. Poi sono arrivate tre splendide figlie e quando erano piccole ho trovato un piccolo lavoro part-time dove venivo trattata malissimo, ma dove ho resistito per diversi anni. Dopo aver lasciato il lavoro arriva la crisi economica con il conseguente calo lavorativo anche per mio marito. A quel punto vengo nuovamente a scoprire che mio marito mi aveva nascosto migliaia di euro, guadagnati onestamente. Io non avevo mai sospettato che lui potesse continuare a fare ciò che aveva fatto anni prima, perché sembrava che avessimo chiarito quell’aspetto e mi fidavo di lui. Di fronte a questo lui mi dichiara esplicitamente che non si fida di me, nonostante io abbia sempre cercato di gestire con oculatezza le finanze familiari. Tutto questo, unito a un suo atteggiamento sempre più amaro per le vicende lavorative, mi fanno cadere in una profonda depressione a cui cerco di reagire cominciando a controllare in modo quasi maniacale tutte le mie spese al fine di dimostrargli che, con le risorse che avevo, ero comunque in grado di andare avanti. L’aspetto economico ha avvelenato la mia stima per lui e mi ha dato la sensazione che lui mi avesse sposato per fare un affare prendendosi la compagna laureata che gli risolvesse tutti i problemi amministrativi, di gestione dei figli ed altro, mentre io l’ho amato per quello che era, convinta che bastasse l’amore che provavamo l’uno per l’altro per essere felici. Nell’ultimo anno ha realizzato il suo ennesimo sogno (dei miei non se ne è più parlato): ha acquistato un appartamento intestandolo solo a lui perché vuole lasciare qualcosa di suo alle figlie. Mi sono sentita ferita, ma ormai non gli dico più nulla. Anche nell’ultima discussione mi ha ribadito che i soldi che lui guadagna sono suoi e ha tutto il diritto di decidere come gestirli. Mio marito mi rimprovera di non essere più affettuosa come lo ero in passato, mi dice che non parlo più con lui di nulla, che non mi interessa nulla di ciò che fa ed è tutto vero ciò che dice. Vorrei capire se sono sbagliata io o è lui che ha qualcosa che non va a causa della sua infanzia».
Laura
Cara Laura, nessuno di voi due «è» sbagliato, nessun essere umano lo è (al massimo sbagliamo, ma non «siamo» sbagliati). Qui la questione non riguarda neppure i soldi, ma i significati che ciascuno di voi due ha dato alla dimensione economica. Spesso le coppie si ritrovano a litigare in maniera apparente su questioni economiche ma, in realtà, stanno discutendo su quale valore e significato ha per loro la gestione dei soldi.
La condivisione dei significati è uno dei compiti più importanti di una coppia, ma per poterlo fare in modo proficuo si ha bisogno, prima, di costruire una relazione prevalentemente positiva. Una relazione in cui ci si scambia contenuti positivi in misura di 5 a 1 su quelli negativi (questo è uno degli indici predittori di una relazione solida secondo gli studi compiuti per anni su migliaia di coppie da parte di J. Gottman).
Carissima Laura, probabilmente è venuta meno tra di voi questa capacità di leggere ed esplicitare il bello che abitava la vostra coppia. Inoltre, l’isolamento relazionale che traspare dal tuo racconto, non è sicuramente servito a stanare e a mettere in discussione alcuni meccanismi che si erano inceppati nel vostro dialogo fin dall’inizio.
Per te la questione del denaro nascosto da tuo marito è divenuta l’emblema della sua sfiducia nei tuoi confronti, del suo fregarsene delle tue esigenze, dei tuoi bisogni, di una sorta di potere che lui ha su di te. Ma è veramente per questo che tuo marito ha gestito così i soldi? Quali paure e quale storia personale ci sono dietro a questo comportamento?
Nella lettera affermi che anche lui è una persona oculata; quando parli del fatto che ha realizzato il sogno dell’appartamento dici che lo ha preso come investimento da lasciare alle figlie, e tutto questo ci fa ipotizzare che forse la sua intenzione non è quella di porsi in antitesi a te. Probabilmente per tuo marito il poter accumulare dei soldi, il poter comprare qualcosa che sia suo, è un modo per attribuirsi valore («io valgo perché posso comprare delle cose, perché possiedo»), per gestire un’insicurezza interna legata alla possibilità che le cose gli sfuggano di mano.
L’avarizia, perché di questo stiamo parlando, è solitamente legata a una insicurezza: è una forma distorta per proteggersi dai possibili imprevisti della vita, è una modalità per placare le proprie angosce rispetto all’imponderabile. L’avaro non si può fidare degli altri e in fondo fatica a fidarsi anche di se stesso, allora si deve fidare delle cose che trattiene, che accumula. La condanna di chi cede all’avarizia è l’impossibilità di poter donare, di poter provare la bellezza della gratuità e, nella presunzione di possedere, non si accorge che in realtà sono le cose che trattiene che possiedono lui. Cara Laura, tuo marito non è che non si fidi di te, lui non si fida della vita.
Altrettanto interessante, però, è chiederti: come mai tu hai risposto a questa sua insicurezza cercando di fare di tutto, quasi in modo ossessivo, per ottenere la sua approvazione, arrivando a non sopportarlo più? Tu hai cercato in tutti i modi la sua approvazione, ma come mai ne hai così fortemente bisogno? Santa Teresa d’Avila diceva: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta», forse anche per te questo può diventare la via per la liberazione da questa tua necessità di conferme esistenziali.
Riprova a dialogare con tuo marito, ma prova a farlo in modo diverso, con delicatezza, sottolineando anche le sue cose buone, raccontagli di quello che provi, dei tuoi bisogni e sii curiosa rispetto a quello che prova lui, a quello di cui ha bisogno e a quale origine può avere tutto questo. Laura, è sempre un buon giorno per ricominciare.
Scrivi a: redazione@santantonio.org
oppure via posta a: Edoardo e Chiara, Messaggero di sant’Antonio, via Orto Botanico 11, 35123 Padova
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!