09 Settembre 2020

Matrimonio «da Dio»?

Ma quando parliamo di matrimonio cristiano stiamo parlando tutti della stessa cosa?
identità del matrimonio cristiano

© Giuliano Dinon / Archivio MSA

A seguito della nostra rubrica di maggio 2020, dove rispondevamo alla richiesta di una signora di 81 anni sul dover accettare o meno l’amicizia che suo marito, uomo già in passato infedele, aveva con un’altra donna, abbiamo ricevuto diverse lettere di commento.

Tra queste c’era chi sospettava che fosse stata la moglie a portare il marito a quei comportamenti attraverso le sue lamentele. Altri ci dicevano che non era cristiano da parte nostra suggerire alla signora di lasciare il marito se questi non avesse smesso di frequentare l’altra donna, e che, affidandosi a Maria, poteva restare nel suo matrimonio. Altri ancora ci criticavano dicendo che avevamo preso in considerazione la possibilità che la moglie potesse rimanere ancora accanto a un uomo che non la ama e che, in questo modo, ci saremmo resi complici del logorio morale e psichico di questa donna, in una, a loro parere, nostra visone stantia e patriarcale del matrimonio che non ha nulla a che fare con il cristianesimo.

Le lettere ricevute avevano molti altri elementi al loro interno che, per motivi di spazio, non possiamo dettagliare. Ne riportiamo qui alcuni concetti, che ci sembravano centrali nel tessuto di quanto abbiamo ricevuto, non per innescare un dibattito su quanto abbiamo scritto a maggio (gli abbonati potranno andarsi a rileggere l’articolo e farsi la propria opinione). L’aspetto che invece ci sembra interessante rilevare è che ognuno degli scriventi parla del matrimonio cristiano credendo di dire su di esso una parola indiscutibile e condivisa, ma accostando le lettere ne emergono costrutti diametralmente opposti.

Il nodo centrale

La domanda che ci anima a questo punto è: quando nelle nostre parrocchie, conventi o movimenti parliamo del sacramento del matrimonio cristiano abbiamo in mente tutti la stessa cosa? Oppure ognuno di noi rischia di attribuire al matrimonio cristiano un significato personale e rigido? Sappiamo che anche la Chiesa stessa sta approcciando la questione secondo riflessioni e angolature nuove, seppur sempre nel solco del magistero precedente. Sappiamo inoltre che il sacramento del matrimonio come lo conosciamo, le nozze svolte con un rito davanti a un sacerdote, è abbastanza recente e solo con il concilio di Trento si è formalizzato, prima di questo c’erano una molteplicità di riti e una vaghezza di orientamenti. Inoltre, una riflessione profonda su questo sacramento ministeriale, e ancor più sull’amore tra un uomo e una donna, è storicamente recente con alcuni famosi passaggi della Gaudium et Spes, e con l’enorme eredità lasciataci da Giovanni Paolo II, fino ad arrivare ai nuovi spunti introdotti in Amoris Laetitia da papa Francesco. Non è questa la sede per una riflessione approfondita e forse non abbiamo neppure sufficienti competenze per poterla promuovere.

La questione qui è: ci sono sufficienti spazi di riflessione e formazione sul mistero dell’amore sponsale nelle nostre proposte pastorali? La nostra sensazione è che ci sia una ricchezza strabordante di bellezza sul tema del matrimonio cristianamente vissuto che però non trova spazi di diffusione. Sappiamo bene che i parroci spesso si lamentano che quando si organizza un incontro con un esperto di queste tematiche, poi vengono poche decine di persone. Facendo anche noi formazione conosciamo quello che succede, ma crediamo che la risposta non sia non fare nulla e lasciare ognuno al fai da te, ma fare qualcosa in modalità nuove.

Possiamo, per esempio, provare a creare formule nuove, soprattutto nell’approccio linguistico, che possano integrare armoniosamente teologia, filosofia e psicologia fornendo categorie mentali fruibili e prassi praticabili sul tema del matrimonio e dell’amore di coppia? Linguaggi esemplificativi che partano dalla realtà e non la astraggano? Magari potremmo partire da un numero ristretto di coppie disponibili a formarsi e che poi si prendano l’impegno di diffondere quanto acquisito ad altre coppie con cui hanno delle relazioni stabili.

Sappiamo che in Italia ci sono già iniziative simili, la questione è moltiplicarle. Nella mia piccola esperienza, io (Edoardo) sono formatore di un percorso biennale di formazione in accompagnamento spirituale e, qualche anno fa, avevamo proposto un terzo anno di specializzazione in accompagnamento spirituale delle coppie (che poi non siamo riusciti a replicare per motivi organizzativi). Per un anno avevamo fornito a un gruppo di sacerdoti, suore e laici, alcuni strumenti integrati tra spiritualità, pastorale e dinamiche psicologiche sui temi della famiglia e della coppia. A distanza di tempo, ancora oggi alcuni partecipanti mi ringraziano per quanto sono riusciti a comprendere e a imparare sulla famiglia e sulla coppia in quell’esperienza. Un sacerdote mi diceva poco tempo fa: «È cambiato il mio modo di guardare le persone e le coppie: mi relaziono a loro con maggiore delicatezza e rispetto della complessità e del mistero di cui sono portatori».

Speriamo che, magari proprio dalla lettura di questa riflessione, qualche laico o religioso possa prendere spunto per far partire qua e là dei progetti di formazione a un «matrimonio da Dio».


Edoardo e Chiara Vian

 

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Data di aggiornamento: 09 Settembre 2020
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