Massimo Cacciari. Incontrarsi oggi

Che cosa significa aprirsi all’incontro con l’altro? Può l’incontro con un essere umano diverso da noi rappresentare un dono e un pericolo al contempo? Siamo davvero responsabili gli uni degli altri? In dialogo con il filosofo Massimo Cacciari.
04 Maggio 2021 | di

Massimo Cacciari non ha bisogno di presentazioni. Filosofo, docente universitario (ora emerito), politico di lungo corso, è da decenni voce tra le più autorevoli e intelligenti (e per questo spesso controcorrente) del panorama italiano. A lui abbiamo chiesto di aiutarci a riflettere sul tema portante di questo numero del «Messaggero di sant’Antonio»: l’incontro.

Msa. Professore, che cosa accade quando l’«Io» incontra il «Tu»? 
Cacciari.
Incontro il «Tu» a ogni istante incontrandomi. L’idea che vi sia un «Io» ben definito che incontra l’Altro fuori dal sé, è ridicola prima che logicamente infondata. Io sono costantemente l’Altro di me stesso. È il grande tema della lotta interiore. Se non la combatto mai saprò incontrare quell’altro «Tu» che è il mio prossimo.

Quando questo incontro è autentico? E quanto conta, per esempio, la capacità di ascoltare e ascoltarsi?
Certo, la capacità di ascolto è il presupposto dell’incontro. Per comprendere bisogna ascoltare. Ma l’ascolto non basta, va interpretato, e dopo averlo interpretato sopravviene la krisis: «Obbedisco o no?». Non c’è né ascolto né comprensione che ci esoneri da questa decisione.

L’incontro con l’altro presuppone sempre anche il rischio della ferita. È paradigmatica in tal senso la situazione venutasi a creare con il covid, dove gli altri, di cui spesso abbiamo sperimentato un bisogno struggente in questo periodo, possono essere potenziali nemici, e viceversa. O anche il nostro atteggiamento nei confronti dei migranti, di cui spesso non riusciamo a percepire la ricchezza, perché spaventati dalla diversità. Come ci si rapporta in modo costruttivo a questa dualità/ambiguità?
La pretesa che vi possa essere ascolto-incontro sicuro, cioè sed-curus, senza affanno, senza angoscia, senza lotta, è ridicola esattamente quanto l’idea che il «Tu» sia semplicemente un Altro rispetto a me. Questa assurda pretesa domina la nostra attuale cultura, ed è propria infatti di tutte le civiltà in decadenza, che, magari dopo aver messo il mondo a soqquadro, pretendono pace e benessere. Ciò vale sia per il modo in cui l’Europa continua ad affrontare il dramma epocale dell’immigrazione, sia per la pandemia. Naturalmente si tratta di cose diversissime, ma l’ansia per giungere a una situazione di protezione globale è la stessa.

Quanto incide l’atteggiamento narcisistico, oggi così diffuso, nella capacità di accogliere l’altro come amico/fratello?
Quello di oggi è un Narciso assai debole. Vi sono i Narcisi forti, aggressivi, che vogliono plasmare il mondo a propria immagine. Ci sono quelli tutti rivolti a sé, a specchiarsi e basta, puri individui. La nostra attuale civiltà è fatta di costoro.

Ma ci può essere riconoscimento dell’Altro senza responsabilità etica verso di lui?
Responsabilità significa capacità di rispondere, dopo aver ascoltato, certo. Ascoltare non basta mai, occorre rispondere, e in modo efficace. Questa è etica, etica politica. Oggi domina la retorica, quando va bene, sulla semplice dimensione dell’ascolto. Ma virtus è altra cosa: realizzare quegli atti che consentano di superare disuguaglianze e ingiustizie. Di questi atti credo Lui avesse sete....

Quali stereotipi ha contribuito ad abbattere la pandemia nelle nostre relazioni, secondo lei? C’è addirittura chi sostiene che sia stata un’occasione per una chiusura già di fatto avvenuta in anni recenti.
Sì, l’inflazione sconclusionata di norme, provvedimenti, grida che da oltre un anno vorrebbe contrastare l’epidemia è sintomo di una tendenza in atto da tempo, e che marcia nelle cose: chiusura di ogni spazio pubblico di discussione, di confronto. Questi spazi, queste piazze sono state da ben prima del covid sostituite coi talk show, con i deliri nel web, con le chiacchiere dilaganti. Sono trasformazioni culturali-antropologiche che, credo, ormai sia impossibile combattere in campo aperto. Bisognerà essere astuti come serpenti e candidi come colombe per smontarne dall’interno lo straordinario potere.

Ultima domanda, d’obbligo: che cosa possiamo imparare dalla recente storia in riferimento al nostro rapporto/incontro con l’Altro?
La storia non è mai stata magistra vitae (forse la filosofia qualche volta)…

 

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Data di aggiornamento: 04 Maggio 2021
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