Incontrando Francesco
C’è qualcosa d’insolito, d’inafferrabile nella figura di san Francesco, qualcosa d’antico che però è sempre nuovo e vitale nel passare dei secoli. È una sensazione di presenza mista a stupore simile a quella che si prova di fronte a certi ritratti d’epoca, dove il personaggio in primo piano veste i panni del suo tempo, ma è in grado di guardare con intensità qualsiasi spettatore, in qualsiasi periodo storico e da qualsiasi angolatura egli lo osservi, come fosse di fronte a lui in carne e ossa. Vecchio eppure nuovo, figlio del suo tempo eppure contemporaneo, uomo di Dio eppure fratello tra gli uomini, san Francesco continua tutt’oggi a ispirare la vita di molti. È tra i santi più amati, studiati e interpretati nella letteratura come nel cinema e non è raro che molti personaggi famosi ne subiscano il fascino, nonostante appartengano ad altre religioni o si dichiarino non credenti. Abbiamo cercato di cogliere che cos’è questo innafferabile che fa innamorare di Francesco, tramite una serie d’interviste a persone comuni e a personaggi dello spettacolo, ricavandone una tavolozza di emozioni.
Francesco degli artisti
«Dio sceglie sempre i peggiori». Angelo Branduardi ricorda così il suo primo incontro con san Francesco. Nel 2000 l’artista mise in musica la vita del Poverello di Assisi nell’album L’infinitamente piccolo, testi a cura della moglie Luisa Zappa. Prima di lavorare sulle note, Branduardi si prese il tempo del silenzio per studiare, «con profondo rispetto e maneggiando con cura», le Fonti francescane. «Non fu amore a prima vista – spiega –: non fui io a cercare Francesco, ma lui a cercare me. Vennero a trovarmi alcuni frati del Sacro Convento di Assisi, proponendomi il lavoro. Presi tempo, non ero convinto. A dirla tutta, ero molto perplesso: la musica devozionale, le Messe beat, le trasposizioni rock del sacro non mi sono mai piaciute. “Non sarà certo san Francesco a farmi cambiare idea”, mi dissi. Prima che i frati se ne andassero, però, volli capire. “Perché avete scelto me? – chiesi –. Gli artisti sono peccatori, trasgrediscono di continuo”. La risposta di fra Paolo Fiasconaro fu secca: “Dio sceglie sempre i peggiori”. Quelle parole mi convinsero. Accettai di raccontare, attraverso la musica, la poesia del primo grande poeta della nostra letteratura».
Inizio «tiepido» anche per Angela Serracchioli, ideatrice del Cammino «Sui passi di Francesco», dalla Toscana all’Umbria: «Non ero particolarmente “di Chiesa”, né ero un’esperta di cammini. Vivevo in montagna, lavoravo in un rifugio e venivo dal mondo del trekking. Era l’inverno del 2002 quando decisi di percorrere da sola il Cammino di Santiago, così come molti fanno, per vivere un’esperienza personale. Nulla di più. Ma le condizioni del tempo erano avverse, e vissi diciotto giorni durissimi. Tanto che, a un certo punto, poco prima di arrivare nel paesino in cui mi sarei fermata, piena di fango, bagnata e intirizzita dal vento, mi dissi: “Basta non ce la faccio più”. E fu proprio in quel momento, non so se per stanchezza o per un’allucinazione – ma era comunque una percezione molto netta –, che vidi alla mia sinistra mia madre che non c’era più e alla mia destra due piedi nudi, lividi per il freddo, e un lembo di saio. In quel momento incontrai Francesco, ma, andando a ritroso nel tempo, osservando in filigrana tanti piccoli episodi che mi erano successi, capii che lui in realtà camminava con me da tanto tempo».
Un incontro «strada facendo» è anche quello tra san Francesco e Noa (diminutivo di Achinoam Nini), cantante israeliana di fama mondiale, che ha duettato con alcuni degli artisti più grandi: da Sting a Stevie Wonder, a Bocelli. Anche per lei il Poverello d’Assisi è stato un incontro inatteso: «San Francesco – afferma – rappresenta molte cose che amo: l’attenzione alla natura, la semplicità, la generosità, l’umiltà, la modestia. Per questo motivo mi sento connessa al suo spirito». Prima cantante di origini ebraiche a essersi esibita in Vaticano vent’anni fa, nel corso della carriera Noa ha cantato davanti a tre Papi, ed è stata diverse volte ospite della basilica di Assisi. «L’anno scorso ho persino avuto la gioia di ricevere il premio Pellegrino di Pace. Un momento davvero prezioso». Il mondo ha bisogno dello spirito di Francesco, ne è convinta Noa: «Mai come oggi umiltà, generosità e amore incondizionato sono fondamentali. Tutti necessitiamo di una guarigione».
C’è chi san Francesco lo incontra per strada e chi invece nasce direttamente nel suo nome. È il caso di Francesco Pannofino, attore e doppiatore con un curriculum da far impallidire anche il più scafato dei cinefili (è stato la voce di Tom Hanks in Forrest Gump e di George Clooney in Ocean’s Eleven, tanto per intenderci). «Il mio primo incontro con san Francesco è avvenuto quando sono nato» spiega l’artista che, tra tanti «san Franceschi» presenti sul calendario cristiano, ha scelto di festeggiare l’onomastico il 4 ottobre, giorno in cui si ricorda l’Assisiate. «La prima volta che i miei genitori mi hanno portato ad Assisi ho subito percepito l’aria mistica che si respira in quella località. Un’atmosfera che non ho riscontrato in nessun altro luogo sacro visitato». Il legame col borgo umbro si è rafforzato grazie a una recente visita, questa volta non più in veste di turista-pellegrino. «Ho avuto il privilegio di leggere il Cantico delle creature nella Basilica di Assisi, sotto gli affreschi di Giotto, e in quell’occasione ho vissuto l’esperienza del convento: dalla cella in cui ero ospitato vedevo la vallata di Assisi. Un’emozione indimenticabile».
Ogni incontro diventa un’immagine diversa nel caleidoscopio di Francesco. Per Branduardi, Francesco è stato innanzitutto il primo poeta della nascente letteratura italiana, «il Cantico di Frate Sole è la prima grande poesia della nostra letteratura. Senza Francesco non ci sarebbe stato nemmeno Dante, che venne cent’anni dopo». Per il cantautore san Francesco è un artista. «E, come succede agli artisti, la creatività passa attraverso lo scandalo e la sofferenza. Francesco è l’uomo, il peccatore, l’infinitamente piccolo di fronte a Dio e alla natura, proprio per questo diventerà santo. Il mio Francesco non è il “giullare di Dio” del film di Rossellini (1950) ma è quello interpretato da Mickey Rourke nel film di Liliana Cavani del 1989 ed è riassunto in una scena dalla forza incredibile come quella in cui l’umile frate si getta nudo sulla neve».
«Il mio Francesco – afferma Serracchioli, la costruttrice di cammini – è madre, è poeta, è l’amante di Dio. È l’uomo del cielo, radicato alla terra, un maestro accogliente, che rispetta l’individualità di ciascuno, che respinge l’omologazione, che si sporca le mani ed esce dal convento, senza risparmio e senza paura».
Le fa eco Pannofino: «Francesco – continua – ci obbliga a tenere i piedi per terra, a ricordare quanta gente soffre nel mondo e a non dimenticarlo mai». Un dettaglio per nulla scontato, specie in questi tempi di precarietà e di cambiamento, in cui le relazioni sono ostacolate dalla pandemia. «Mai come in questo momento Francesco, l’uomo dell’incontro, può aiutarci a decifrare le tante assenze della nostra vita». Ma l’ultima parola spetta ai poeti, agli artisti e ai peccatori: «Il tratto di Francesco per me più attuale – conclude Branduardi – è quello dell’infinitamente piccolo: come fa l’infinito a essere, a un tempo, infinito e piccolo? San Francesco lo spiega con la semplicità dei grandi: l’assoluto, il cosmo, il Tutto non sono extra nos (fuori di noi), bensì intra nos (dentro di noi). Questo ha detto Francesco nove secoli fa, e questo continua a dirmi oggi con la potenza pazzesca di tutte le grandi verità».
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