Napoleone all’Elba
Duecento anni fa, il 5 maggio 1821, Napoleone Bonaparte moriva sull’isola di Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico, sancendo così la fine del suo secondo esilio. Tra luci e ombre si concludeva la sua epica esistenza, idolatrata o, al contrario, deprecata, da letterati, artisti, poeti (pensiamo a Il cinque maggio di Alessandro Manzoni), fino ad arrivare al cinema e alla televisione. In Francia è l’eroe per antonomasia, figlio della Rivoluzione, imperatore d’Europa, conquistatore – per poco – dell’Egitto. Altrove è più spesso ricordato come foriero di lutti, saccheggi e devastazioni che poco ebbero a che spartire con le virtù di un condottiero «moderno». Basti solo ricordare la caduta della Repubblica di Venezia o la sistematica spoliazione di opere d’arte subita dal nostro patrimonio artistico e culturale.
Ciò nonostante, il corso nato ad Ajaccio il 15 agosto 1769 in una famiglia della piccola nobiltà italiana, seppe ritagliarsi un posto di primo piano nella storia. Dopo la rovinosa sconfitta subita a Lipsia dai francesi contro gli eserciti delle principali potenze militari dell’epoca, Napoleone fu costretto ad abdicare, e venne spedito sull’Isola d’Elba dove, forse, si conserva il suo miglior ricordo in Italia. Nell’arcipelago toscano rimase appena dieci mesi, prima di fuggire. E proprio qui, i luoghi e le memorie di quel primo esilio vengono ricordati quest’anno, in concomitanza con i 200 anni dalla morte di Napoleone, attraverso numerose manifestazioni (www.visitelba.info/napoleone-2021).
All’Elba Napoleone approdò il 3 maggio 1814 a bordo della fregata inglese Undaunted. «E si accinse a prendere possesso della sua isola facendosi annunciare da alcuni proclami che, promettendo la soluzione ai problemi più annosi, toccarono le corde di tutti i cittadini», ricorda la professoressa Gloria Peria, direttore scientifico della Gestione associata degli Archivi storici dei Comuni elbani. Eppure il suo approdo a Portoferraio somiglia a quello di un esule o di un profugo dei giorni nostri in cerca di una riva sicura, di una sponda alla sua emarginazione, di una nuova patria da cui ricominciare.
Un fatto è certo. Napoleone era diventato un personaggio scomodo e sgradito in tutta Europa. Ma la sua indole e audacia non si erano affatto spente, nemmeno nel suo piccolo regno dell’Elba dove convertì la sua innata intraprendenza in un febbrile attivismo. «Bonaparte – prosegue Peria – cercò di cementare il più possibile la coesione tra le varie municipalità dell’isola, intensificando ovunque la sua presenza e occupandosi, da buon sovrano, di risolvere ogni problema si presentasse, nonostante il mancato arrivo del denaro promesso dalla Coalizione vincitrice.
Ma le imposte a cui la popolazione fu soggetta, scatenarono diverse reazioni tra gli abitanti dell’Elba. Capoliveri, in particolare, protestò in modo energico richiamando una risposta forte da parte di Napoleone. Risposta che fu acquietata probabilmente dalla mediazione di personaggi del luogo a lui vicini, come il Ciambellano Vantini che aveva possedimenti estesi da Portoferraio a Capoliveri, e la cui figlia era in trattative di matrimonio con il conte Drouot, prossimo a Napoleone. Di qui nacque la “leggenda della Vantina”: una giovane fanciulla che avrebbe sventato la distruzione del paese di Capoliveri da parte delle truppe napoleoniche».
Piccola Arcadia
«Bonaparte considerava l’Elba un luogo dove trascorrere la sua permanenza nel miglior modo possibile, dotandola di tutte quelle strutture utili non solo al suo soggiorno, ma anche al benessere degli abitanti. Dieci mesi sono il periodo più lungo che Napoleone ha trascorso nello stesso luogo da quando divenne imperatore». Si dice che dormisse appena quattro ore per notte. Che fosse appassionato di filosofia, scienza, giardinaggio e ingegneria. Stabilì dimore diverse in punti differenti dell’isola: ville e stanze che oggi testimoniano ancora il suo passaggio. La Palazzina dei Mulini a Portoferraio fu la sua prima residenza. Collocata tra il Forte Falcone e il Forte della Stella, è parte del sistema difensivo delle fortezze medicee. La Villa di San Martino fu invece riadattata a residenza estiva. Ma le stanze per l’imperatore furono preparate anche al Forte San Giacomo, a Porto Azzurro. E alloggiò anche in una villa che sorge accanto all’attuale Museo del Parco Minerario.
Si favoleggia che Bonaparte costruì infrastrutture viarie, promosse l’attività delle miniere, e che si adoperò nel settore vitivinicolo. Ma cosa avvenne in realtà? «Napoleone lavorava, studiava, organizzava il futuro di questa piccola isola con la stessa energia che aveva impiegato per creare l’enorme impero che non possedeva più – osserva Peria –. Doveva essere informato di tutto quello che succedeva, e su tutto impartiva istruzioni. Non esisteva settore che non analizzasse e migliorasse: dalla viabilità all’igiene, dalla somministrazione dell’acqua potabile all’istruzione pubblica, dall’organizzazione militare alla gestione delle miniere e all’agricoltura. Il suo breve regno catapultò l’isola nella modernità».
Durante il suo esilio, Napoleone diede vita a un’azienda vitivinicola e ad una riserva di caccia intorno a Villa San Martino, dove furono piantati numerosi vitigni.
Il Parnaso di Bonaparte
Grazie al dinamismo di Napoleone, all’Isola d’Elba arrivarono poeti, letterati, scienziati e artisti, ma anche spie, mentre egli cercava in qualche modo di ricreare un piccolo mondo a misura delle sue abitudini. Rientra in questa visione anche la costruzione del Teatro dei Vigilanti. «Dietro il desiderio di fornire la città di Portoferraio di un luogo dove rappresentare commedie e fare musica, Napoleone decise di trasformare in teatro l’ex Chiesa del Carmine, da tempo usata come magazzino militare. Il progetto fu affidato all’architetto Bargigli, ma nonostante la bravura del progettista e l’eleganza delle decorazioni e del sipario – dipinto dal pittore piemontese Vincenzo Revelli, e raffigurante il tema di Apollo e Admeto – Napoleone non apprezzò abbastanza il risultato per la ristrettezza dell’edificio.
Non sappiamo se partecipò all’inaugurazione del teatro, avvenuta il 24 gennaio 1815, mentre è certo che fecero la loro pubblica apparizione la sorella Paolina e la madre, Maria Letizia Ramolino». Paolina organizzò il ballo di Carnevale il giorno precedente la fuga di Napoleone, avvenuta il 26 febbraio 1815, forse per distogliere l’attenzione generale dall’imminente partenza del fratello. I rapporti familiari furono influenzati dalla sua condizione di esiliato. Mentre la madre e la sorella lo raggiunsero all’Elba, la sua seconda moglie Maria Luisa d’Asburgo-Lorena e il loro figlio Napoleone Francesco Giuseppe Carlo non vennero mai sull’isola.
«La giovane austriaca – rammenta Peria – nonostante si fosse sinceramente affezionata all’imperatore, dopo la sua caduta tornò a condividere i valori con l’uomo che rappresentava il suo perno affettivo, ovvero suo padre. Dopo il Trattato di Fontainebleau, Maria Luisa non fu più l’imperatrice dei francesi, ma tornò ad essere la figlia di Francesco I d’Austria che, su consiglio di Klemens von Metternich, le affiancò immediatamente un uomo di sua fiducia, il brillante generale trentanovenne Adam Albert conte di Neipperg, di cui la moglie di Napoleone s’innamorò, e che in seguito sposerà».
Poco prima di lasciare l’Elba, Napoleone costituì un Governo dell’Isola affidando il comando militare a Cristino Lapi, suo fedele e acceso sostenitore. «Lapi si sentì più che mai investito dalla responsabilità del ruolo che l’imperatore gli aveva affidato, e rispose con fermezza alle richieste di occupazione dell’isola da parte degli inglesi, dei francesi del re Luigi XVIII e del regno murattiano di Napoli. In seguito, Napoleone, da Parigi, dette un nuovo status giuridico all’Elba, ponendola sotto la giurisdizione del ministero della Marina e delle Colonie, ma la restaurazione di settembre, ricollocando l’isola nel Granducato di Toscana, segnò la fine di un’epoca».
Cosa resta del passaggio di Napoleone all’Elba? «Il visitatore non può perdersi le sue residenze nel capoluogo, la Palazzina dei Mulini e la Villa di San Martino, ovvero la residenza estiva – è il consiglio di Peria –. Ma Napoleone aveva scelto, per trascorrervi il mese più caldo dell’estate, una residenza molto spartana, in un eremo sulla sommità di un monte, circondato da una foresta di castagni, ricco di acque sorgive purissime: la Madonna del Monte di Marciana da cui si poteva ammirare quasi tutta l’isola e la vicina Corsica. Questo è un luogo che conserva, più di ogni altro, un fascino che travalica il tempo e lo spazio».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!