Natale, la gloria della madre
Marta era davvero una madre felice la notte di Natale di un anno fa. Pareva una Madonna con Bambino, nel fascino di una notte così unica. Con noi in comunità da pochi giorni, insieme con il piccolo Nik di due mesi, per iniziare un cammino terapeutico/spirituale dopo la droga, tra dubbi e incertezze, col desiderio di diventare vera mamma per il suo bambino.
Marta era più che una madre in quella notte, era quasi una regina. Bastavano lei e il suo piccolo perché il nostro presepio vivente esprimesse tutto il mistero del Natale, e non si poteva desiderare che il perpetuarsi di questa bellissima immagine. Ma ci vogliono molti «natali» per realizzarne pienamente uno.
Un anno dopo, non è più così. Marta e Nik sono stati momentaneamente separati. È stato stabilito da chi ne ha autorità, in vista del meglio. Ma non viene meno, anzi si intensifica la nostra trepidazione per loro. Qui tra noi, quando arriva un bambino o addirittura vi nasce, è come il riapparire della speranza a dispetto e oltre i trascorsi delle droghe e di quant’altro.
I bambini sono davvero portatori di vita nuova, e nascono belli, lottatori, capaci di superare qualsiasi difficoltà connessa a burrascosi tempi prenatali o a qualche complicazione alla nascita e nei primissimi giorni. Sembrano nascere già con il sorriso, portatori di nuovi programmi e obiettivi per le loro mamme; nati quindi per «salvare», per dare una preziosa e irrepetibile chance a chi accetta di diventare migliore per loro. Il nostro sant’Antonio, non solo teologo ma anche compassionevole interprete della bellissima e sacra realtà del rapporto madre-figlio, esalta quanto di unico ci sia attorno a una culla.
Egli prega nel suo Sermone di Natale: «A te, o beata Vergine, sia lode e gloria, perché oggi siamo stati ricolmati dei beni della tua casa, cioè del tuo grembo. Noi che prima eravamo vuoti, ora siamo pieni; noi che prima eravamo malati, ora siamo sani; noi che prima eravamo maledetti, ora siamo benedetti, perché, come dice il Cantico dei Cantici: “Ciò che da te proviene è il paradiso”, o Maria!».
Paradiso, cioè visione di orizzonti nuovi, più respirabili, terra promessa cui tendere, magari per tentativi e ripartenze. «Il mio bambino anche solo nascendo ha fatto di me un’altra persona», è l’affermazione che sento ripetere, prima o poi, da ogni madre che accogliamo in comunità. E sentiamo che è vero quanto sant’Antonio afferma circa la «pienezza» portata dal Figlio di Dio, la medesima che si replica in ogni bambina e bambino che viene al mondo, attraverso la Madre, attraverso tutte le madri.
Nella sua, Antonio incontrò molte mamme, spesso sole e in situazioni critiche, talora così offuscate dalla sofferenza morale da non assicurare appieno le cure materne, come narra qualche miracolo che il Santo operò per loro. Penso che sia portando nel cuore ognuna di queste donne che il Santo dica: «Il Padre ha dato la divinità, la Madre l’umanità; il Padre ha dato la maestà, la Madre l’infermità».
Maestà e infermità, grandezza e limite, ecco ciò che fa «regina» ogni madre, tra gioie e severe difficoltà. E allora Marta può continuare il cammino con pazienza, accettando l’aiuto, orientata al Bambino del Natale e al proprio, ponendo loro alla guida di tutto il riscatto possibile.
«Quindi nessun timore: la vittoria è dalla nostra parte – prega ancora il Santo –, perché con noi c’è un Dio in armi. Grazie a te, o Vergine gloriosa, giacché per merito tuo Dio è con noi». Marta potrà forse non essere completamente felice in questo Natale, ma sa che Nik è solo sceso dalle sue ginocchia per camminare avanti sulle sue gambette sicure, indicando il cammino che insieme devono percorrere. Buon Natale!