Nati per rinascere
«L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire». Lo scriveva Cesare Pavese, cogliendo un aspetto che tutti conosciamo: la bellezza degli inizi. «Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, incominciala! L’audacia ha in sé genio, potere e magia», scriveva Goethe.
L’esordio di un nuovo anno è sempre accolto con almeno un pizzico di speranza, anche dai più disillusi. Ma perché questo passaggio possa davvero inaugurare un cambiamento, una rinascita, non basta festeggiare l’inizio.
Se il «cominciare» non si coniuga con il «far durare», niente di nuovo davvero accade. E il far durare richiede il prendersi cura, il dedicare attenzione, il non arrendersi ai fallimenti; il saper guardare oltre l’istante, verso un avvenire che non è mai completamente nelle nostre mani, ma neppure già scritto.
Ciò di cui ci prendiamo cura si prende cura di noi, perché quello della cura (dal latino cor urat, scalda il cuore) è un dinamismo di reciprocità, non una «buona azione» a senso unico. Mettere le nostre energie, il nostro tempo, le nostre speranze su qualcosa o qualcuno, ci rigenera e ci rimette al mondo. E se vogliamo che questo principio d’anno segni davvero un nuovo inizio, lasciamoci accompagnare dalle parole di Pablo Neruda: «Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno».
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