24 Ottobre 2019

Nicola Piovani. La musica è pericolosa

Emozioni, sogni, ricordi e segreti dell’eclettico artista italiano, premio Oscar per la colonna sonora del film La vita è bella di Roberto Benigni.
Nicola Piovani in concerto

©Francesco Prandoni / getty images

Compositore, pianista e direttore d’orchestra, Nicola Piovani ha vinto numerosi premi: David di Donatello, Nastro d’Argento, Ciak d’oro, Golden Globe e, nel 1999, il premio Oscar. Ha firmato la musica di due album di Fabrizio De André: Non al denaro non all’amore né al cielo, e Storia di un impiegato. Per Rizzoli ha pubblicato l’autobiografia La musica è pericolosa: un’espressione coniata da Federico Fellini impaurito dalla musica perché «essa non ha concetti, non racconta nulla di preciso, eppure mi emoziona nel profondo». L’ultima sua partitura per il cinema è quella del film Il traditore di Marco Bellocchio. La carriera di Piovani ha sempre viaggiato sulla cresta dell’onda, tra musica, cinema, teatro e poesia. Lo abbiamo incontrato a Toronto, in Canada, in occasione di un evento al TIFF Bell Lightbox organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura, dal Consolato Generale d’Italia di Toronto, dall’Italian Contemporary Film Festival e dal TD Toronto Jazz Festival, durante il quale Piovani ha ricevuto il premio ICFF Lifetime Achievement Award 2019.

Msa. Lei ha scritto la musica di quasi 190 film, ha collaborato con registi come Bellocchio, Monicelli, i fratelli Taviani, Moretti, Benigni e Fellini. È famoso in tutto il mondo per la colonna sonora del film La vita è bella di Benigni. Oltre a questo, quale altro film le sta a cuore?

Piovani. Devo dire, senza discriminare nessuno, che ho un rapporto particolare con la colonna sonora del film Ginger e Fred che ho scritto per Federico Fellini, con quella di Salto nel vuoto per Marco Bellocchio, con la colonna sonora de La notte di San Lorenzo per Paolo e Vittorio Taviani, e la musica di Caro Diario per Nanni Moretti.

Come nasce una colonna sonora? In particolare quella de La vita è bella?

Nasce da una profonda intesa fra il regista che è il vero poeta del film, e il compositore. Roberto Benigni è stato molto bravo a farmi capire cosa voleva fare, e cosa non voleva fare del suo film. E io, attraverso la musica, ho cercato di mandarlo nella direzione che lui voleva.

Suo padre suonava nella banda del paese di Corchiano, in provincia di Viterbo. Quando ha capito che la musica avrebbe fatto parte del suo destino?

Praticamente da sempre. Ho iniziato a suonare la fisarmonica per gioco, all’età di 3 anni. Poi sono passato al pianoforte. Quindi ho cominciato a guadagnarmi da vivere lavorando al piano-bar, suonando ai matrimoni, ai funerali, in chiesa. Ho fatto tutta la gavetta.

Risale al 1968 la sua prima colonna sonora, quella per il Cinegiornale del Movimento studentesco della Facoltà di Filosofia, a Roma. Come nacque questa simbiosi con il mondo accademico?

Ero studente, e proprio nel 1968 arrivò quella grande ondata di vitalità. Chi non si faceva coinvolgere, era già spento in partenza.

Tra i tanti registi stranieri con cui ha collaborato, ce ne può citare qualcuno che le ha lasciato un segno indelebile?

Ero diventato molto amico di Bigas Luna, con cui condividevo diverse passioni: oltre alla politica, anche il cibo. Mi portava in giro per la Catalogna in posti dove si mangiava bene. Insieme abbiamo fatto tre film che mi hanno dato grandi soddisfazioni. Così come ho avuto grandi soddisfazioni da Philippe Lioret, in Francia, con cui ho fatto diversi film, l’ultimo dei quali, Welcome, mi ha emozionato in modo particolare.

Lei ha composto musica per il teatro. E ha scritto anche canzoni. Come si passa dal teatro al cinema, e dal cinema alla musica leggera?

Dal teatro al cinema si passa capendo che sono due cose diversissime: il cinema richiede una musica di sottofondo, una musica inconscia, una musica che commenti alle spalle. Il teatro, invece, richiede una musica protagonista, che venga alla ribalta, che si faccia sentire. Io preferisco il teatro per tanti motivi, in particolare perché ho fatto ormai quasi 190 film e ho trascurato un po’ la musica sinfonica, da camera, di teatro. Nella fase attuale della mia vita, voglio dedicarmi soprattutto a questo. Ho finito di scrivere due sinfonie. Un genere che mi piace molto; oltre a girare il mondo col mio gruppo, o con le orchestre sinfoniche per tenere concerti, anche di musica da film.

 

L’intervista completa è nel numero di ottobre 2019 del «Messaggero di sant’Antonio» - edizione italiana per l’estero di carta e nella corrispondente versione digitale!

Data di aggiornamento: 24 Ottobre 2019
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