Parole in dono
«Sono “tutti insieme” quei pensieri della mente che, sotto l’uguale regola della ragione, si radunano con ordine e procedono con discrezione, in modo che nella mente un pensiero non sembri superiore all’altro, né l’altro inferiore al primo; se questo avvenisse, la disuguaglianza sarebbe causa di rovina» (Sant’Antonio, Sermoni, Domenica di Pentecoste I, 9)
Qualche volta le parole di sant’Antonio risuonano in noi come discorsi piuttosto difficili. Estraneo alla nostra sensibilità può sembrarci anche il passo citato, nel quale siamo esortati a far sì che i nostri pensieri siano «tutti insieme». Che cosa significa? Proviamo a partire dalla nostra esperienza.
Noi parliamo spesso con le persone che incontriamo nella nostra giornata: familiari, colleghi, amici, coloro che incrociamo nelle quotidiane incombenze. Ma parliamo qualche volta anche con noi stessi? Non è così scontato che lo sappiamo fare. Certo, parlare fra sé e sé è talvolta visto, con ironia o svalutazione, come un comportamento tipico dei «matti». «Parla da solo, come i matti». Ma parlare con noi stessi può anche costituire un modo efficace per prendere le distanze dai sentimenti che proviamo, dai pensieri che attraversano la nostra mente in modo incontrollato; prendere le distanze per non essere fagocitati dal flusso disordinato del nostro mondo emotivo, oppure per non essere imprigionati dal groviglio confuso delle nostre divagazioni mentali che rischiano di proliferare in ogni direzione. Pensare molto, infatti, non è necessariamente indice di intelligenza o di profondità. Sappiamo come talvolta i nostri pensieri si ramifichino l’uno dall’altro facendoci smarrire in un labirinto.
Ben altra cosa è parlare con noi stessi! È possibile infatti colloquiare con la propria interiorità, in modo consapevole e libero, per fare chiarezza e riacciuffare il bandolo della matassa. Lo si può fare distinguendo in noi – per così dire – due soggetti in dialogo: un «io» che dà voce a una corrente di mille rivoli, bisognosa di essere incanalata, e un altro «io», più equilibrato e ragionevole. Questo secondo «io» è evocato da sant’Antonio quando richiama una «regola di ragione», che possiamo intendere come uno sguardo capace di mettere ordine e procedere con discrezione. Così i nostri pensieri sono «tutti insieme», ritrovano cioè linearità e armonia.
Facciamo tutti l’esperienza non solo della confusione interiore, ma anche della tristezza, della demotivazione, della mancanza di entusiasmo. Un marasma sonnolento o imbizzarrito da cui non si sa come uscire. Dialogare con noi stessi può essere allora un bel modo per ridare slancio alla nostra vita, purché tale colloquio interiore non torni a essere un divagare ondeggiante e casuale. Può essere d’aiuto far leva sui tanti ricordi di momenti in cui, grazie alla vicinanza di qualcuno, abbiamo potuto rialzarci e ristabilirci nella fiducia. Fa bene al cuore ricordare le diverse situazioni in cui – pur nell’estrema difficoltà – siamo riusciti a intuire una via di uscita e di speranza. Così come può essere efficace rivolgere a noi stessi quelle stesse parole chiare, incoraggianti, appuntite come freccia, scintillanti come cristallo che il Signore ci ha già indirizzato tante volte per risollevarci e indicarci la via. Sì, il dialogo più liberante che possiamo stabilire con noi stessi è forse quello che sa far risuonare le molte parole di salvezza già ricevute in dono.
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