03 Ottobre 2020

Perché non riusciamo a sentirci fratelli?

Alla vigilia della terza enciclica di papa Francesco «Fratelli tutti», dedicata alla fraternità universale e firmata ad Assisi il 3 ottobre, perché è così difficile imparare dai propri errori e invertire la rotta?
Perché non riusciamo a sentirci fratelli?

© cienpies / iStock / Getty Images Plus

«Caro direttore, le scrivo in un momento di sconforto. Dentro di me ero convinto che saremmo usciti dal lockdown migliori di come ci eravamo entrati. Ero certo che quei giorni così difficili ci avrebbero finalmente fatto comprendere che, come dice papa Francesco, “non ci si salva da soli”. Che dobbiamo continuare a prenderci cura gli uni degli altri come abbiamo fatto in quei giorni, quando il salvaguardare la salute degli altri significava in modo chiaro salvaguardare anche la nostra. E invece, a pochi mesi di distanza, tutto è tornato come prima, se non peggio. La solitudine e la preoccupazione vissute, invece che renderci reciprocamente attenti e solidali, pare ci abbiano inaspriti. Siamo tornati al “tutti contro tutti”, alla difesa del proprio orticello nella totale indifferenza verso chiunque non ne faccia parte. Per non parlare poi dell’ambiente… eppure abbiamo capito che l’inquinamento e il mancato rispetto delle biodiversità sono stati tra i motori scatenanti della pandemia. Ma non c’è nulla da fare. Continuiamo a pensare solo a noi stessi, vogliamo solo divertirci, disinteressandoci di tutto ciò che non è nella cerchia immediata dei nostri interessi particolari. Mi domando e le domando, allora: che cosa ci attende? Impareremo mai ad amarci veramente gli uni gli altri come ci ha invitato a fare Gesù?».
Un lettore disincantato

Carissimo «lettore disincantato», lo ammetto: nella tua delusione riconosco anche quella di tante altre persone che hanno cercato di dare senso a quanto accaduto, a tutte quelle sofferenze, quei sacrifici, quelle morti, proprio nella speranza che tutto ciò ci avrebbe cambiato. Così non è avvenuto, purtroppo, anche se io nutro ancora la speranza che, una volta maturata la consapevolezza di quanto accaduto e rielaborato lo straniamento e il dolore di quei giorni, qualcosa di buono possa arrivare a livello sociale. Per questo come “Messaggero”, da settembre in poi, abbiamo voluto scegliere ogni mese una «parola guida» (a settembre è stata «Creato», in questo mese «Stare» nel senso di rimanere nello stesso luogo) che aveva caratterizzato i giorni più difficili della pandemia, cercando di risignificarla, di dare un nuovo o più profondo senso a essa e a tutto quanto abbiamo vissuto, proprio perché questa riflessione ci potesse aiutare a ritornare su quei giorni imparando da essi uno sguardo nuovo sul mondo e sulle nostre relazioni. 

Ma vogliamo anche riandare a chi, in quei giorni, si è adoperato più di altri a diffondere speranza in mezzo alla disperazione che ci aveva colti. Di certo, tra questi c’è papa Francesco. Tutti ricordiamo l’immagine di quell’uomo vestito di bianco che in una piazza San Pietro deserta, all’imbrunire, con il suono delle ambulanze nel sottofondo, ci invitava a «guardare in alto» e a comprendere nel nostro profondo che non ci saremmo salvati da soli. L’ha ripetuto più volte in questi mesi, in riferimento a quella esperienza ma non solo. E ora sta facendo ancora di più. Mentre ti sto rispondendo, infatti, siamo in attesa di leggere la sua prossima Enciclica, la terza, dall’evocativo titolo di Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, che verrà firmata ad Assisi il 3 ottobre. 
Non entro qui nella sterile polemica sorta attorno al titolo, formalmente al maschile perché tratto dalle Ammonizioni di san Francesco (una raccolta di ventotto riflessioni nate durante le riunioni comunitarie dei frati, i Capitoli, autentiche perle di sapienza e di profonda semplicità, a proposito della povertà, del distacco, dei rapporti comunitari, della fratellanza, segnate dal rimando alle beatitudini evangeliche), ma rivolto di fatto all’umanità intera. 

Le notizie trapelate sinora e, soprattutto, il contenuto del testo originario francescano (la Sesta Ammonizione), lasciano intendere che si tratti di un invito a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, a vivere il tempo che è loro dato come fratelli impegnati nella difesa e nella responsabilità verso il Creato e verso ogni creatura, a cominciare dalle più fragili e indifese. Non ci resta dunque che attendere di leggere questo testo prezioso (al quale abbiamo dedicato anche la nostra copertina), certi che saprà indicarci un cammino concreto verso quella «fratellanza universale» che anche tu auspichi nella tua lettera.

 

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Data di aggiornamento: 03 Ottobre 2020
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