Un anno nel segno della Laudato si'

Festeggiamo la Giornata del Creato recuperando alcuni passaggi dell'enciclica «Laudato si'» e alcune foto tratte dal concorso «Landscape Photographer of the Year».
01 Settembre 2020 | di

Nell'anno speciale dedicato alla Laudato si' a cinque anni dalla sua pubblicazione, riproponiamo alcuni passaggi dell'enciclica di papa Francesco. Ad accompagnare le parole, nella fotogallery qui sotto, le immagini mozzafiato tratte dal concorso fotografico «Landscape Photographer of the Year». Un modo per festeggiare la Giornata del Creato in bellezza!  

1. «Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».[1]

2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria [...] ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora. 

10. [...] Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. [...] Egli manifestò un’attenzione particolare verso la crea­zione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. [...] Viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.

11. [...] Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori. [...] La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, «considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella».[20] Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.

85. [...] «Per il credente contemplare il creato è anche ascoltare un messaggio, udire una voce paradossale e silenziosa».[57] Possiamo dire che «accanto alla rivelazione propriamente detta contenuta nelle Sacre Scritture c’è, quindi, una manifestazione divina nello sfolgorare del sole e nel calare della notte».[58] Prestando attenzione a questa manifestazione, l’essere umano impara a riconoscere sé stesso in relazione alle altre creature: «Io mi esprimo esprimendo il mondo; io esploro la mia sacralità decifrando quella del mondo».[59] 

233. L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero.[159] L’ideale non è solo passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire l’azione di Dio nell’anima, ma anche arrivare a incontrarlo in tutte le cose, come insegnava san Bonaventura: «La contemplazione è tanto più elevata quanto più l’uomo sente in sé l’effetto della grazia divina o quanto più sa riconoscere Dio nelle altre creature».[160]

 

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Data di aggiornamento: 01 Settembre 2020
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