Protomartiri del Marocco, 800 anni di fede e devozione

Uccisi nel 1220, i Santi martiri di Marrakech ispirarono molti giovani. Pure Fernando da Lisbona che, sul loro esempio, lasciò tutto per «vestire» il saio francescano.
13 Luglio 2020 | di

Tutto ha un inizio. Per questa storia, che incrocia le storie di Antonio da Lisbona e dei protomartiri francescani del Marocco, «galeotto» fu un incontro. Di quelli che, soprattutto quando sei giovane, hanno il potere di sconquassarti vita, abitudini, strade già tracciate. E di fronte al quale la gente prende subito le distanze e ti passa per pazzo.

Il coraggio di lasciare tutto

Del resto, non deve essere del tutto assennato chi decide di lasciarsi alle spalle comodità, potere, carriera, certezze. Ma ai ragazzi di allora, come a quelli di oggi, poco importa. I loro occhi, quelli dei Santi martiri prima e di Antonio poi, guardano in un’unica direzione: in avanti. Come tutti coloro che, dentro di sé, hanno un sogno.

Fu così per Fernando da Lisbona, non ancora santo, non ancora frate e nemmeno ancora Antonio. E per gli altri protagonisti di questo straordinario incontro: Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto. Sono i Santi martiri di Marrakech, i primi dell’Ordine dei frati minori. Uccisi il 16 gennaio 1220, hanno ispirato, sino a oggi, la presenza missionaria in terra d’islam. Il loro sangue spinse molti giovani a unirsi all’Ordine. Tra loro, Fernando. La notizia della loro morte, il rientro delle reliquie, gli fece abbandonare il chiostro per seguirli e imitarli. L’incontro con il Crocifisso lo fece spogliare della veste bianca dei canonici agostiniani per indossare l’umile saio francescano, cinto da una ruvida corda ai fianchi.

La strada verso la santità

Quella di Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto inizia per caso, nella loro terra. Pure loro erano giovani, proprio come Fernando che di anni, all’epoca, ne aveva 25. Non è certo se li conobbe in vita, mentre essi erano di passaggio per la penisola iberica inviati da Francesco. In verità per il Marocco partirono in sei. Con loro anche Vitale che, lungo il tragitto, si ammalò e non potè proseguire.

Erano tutti nati e cresciuti in paesini dell’Umbria meridionale, nell’attuale diocesi di Terni-Narni-Amelia. Accursio e Adiuto, i due laici del gruppo, a Narni; Berardo, Pietro e Ottone, sacerdoti, rispettivamente a Calvi, San Gemini e Stroncone. Diversamente da colui che diventò poi sant’Antonio, in comune tra loro avevano il fatto di essere ragazzi semplici, dediti al lavoro dei campi. Istrui­ti quanto basta per apporre una firma in croce. Non certo eruditi come Fernando ma comunque, proprio come lui, considerati altrettanto folli per essersi lasciati alle spalle la strada certa per l’incerta.

Il tempo delle eresie e delle Crociate

Siamo nel XIII secolo. È il tempo delle eresie e delle crociate per la liberazione del Santo Sepolcro. I futuri protomartiri  francescani entrano nell’Ordine nel 1213. In uno dei Capitoli, i raduni periodici dei frati, Francesco li invia a predicare il Vangelo tra i saraceni in Occidente, nella penisola iberica e in Marocco. All’epoca la presenza francescana in Italia si caratterizzava per il confronto con l’eresia. Nella regione iberica, in particolare lungo la frontiera col Maghreb, si fondava sull’interazione con l’islam.

Partiti dall’Italia, i cinque giungono anche a Coimbra, dove forse Fernando li incontra o, comunque, sente parlare di loro. Dal Portogallo proseguono il cammino fino a Marrakech dove vengono ospitati dall’infante Pedro, fratello di Alfonso II re del Portogallo, comandante della milizia cristiana del califfo omayyade. Iniziano a predicare in pubblico fino a quando il califfo Miramolino li riporta, o almeno ci prova, in terra cristiana. Durante il tragitto sfuggono alla scorta, tornano a Marrakech e cominciano a predicare di nuovo.

«Siamo venuti per predicarvi la via della verità»

Ai fratelli, in questo caso musulmani, dicono: «Siamo venuti per predicarvi la via della verità: benché voi lo crediate, vi amiamo di cuore, per grazia di Dio!». Il califfo, su tutte le furie, ordina loro di rientrare. I cinque non si scompongono, continuano la loro opera di evangelizzazione, conquistando le folle grazie anche ad alcune guarigioni. Catturati, vengono torturati e portati di fronte al califfo che, pur di convertirli, offre loro soldi, donne, protezione. Non cedono. Di fronte all’ennesimo diniego, vengono decapitati.

800 anni tra la gente

«Finalmente posso dire di avere cinque veri frati minori», furono, secondo la tradizione, le parole di Francesco appresa la notizia. Intanto Antonio, di fronte alle reliquie rientrate a Coimbra dopo alcuni mesi, decide di vivere il Vangelo andando anch’ egli tra i musulmani e i non credenti a condividere il messaggio di Gesù Cristo.

Dopo 790 anni, nel 2010, i resti mortali dei cinque santi sono rientrati nella terra di origine. Le reliquie riposano ora nella chiesa di Sant’Antonio di Padova a Terni, elevata alla dignità di Santuario Antoniano dei Protomartiri francescani. In questi mesi, fino a gennaio 2021, la diocesi sarà nel pieno delle celebrazioni per gli 800 anni dal martirio. A loro è dedicato l’omonimo Cammino che si snoda all’interno della diocesi.

Vien da pensare che i contadini Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto probabilmente mai avrebbero pensato di avere un giorno tanta devozione e di essere proclamati santi. E così pure Fernando, a cui qualcuno, dopo che indossò il saio, disse che quella della santità sarebbe stata per lui una partita persa. Ma invece, come dice il Concilio, per la santità «ognuno ha la sua via».

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Data di aggiornamento: 13 Luglio 2020

1 comments

16 Settembre 2020
Mi chiamo Carlo Antonio e sono lieto di portare questo nome di battesimo. E' vero il Santo di Padova ci insegna che per metterci alla sequela del maestro bisogna lasciare tutte le certezze del mondo.
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di carlo antonio

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