Quando è il cuore a parlare

Lo stile della predica di sant'Antonio a Forlì si intreccia con la testimonianza di conversione e rinnovamento di due giovani ospiti della Comunità San Francesco di Monselice (PD).
26 Ottobre 2018 | di

«Al fratello Antonio, mio vescovo, auguro salute. Approvo che tu insegni teologia ai frati purché tu non smorzi lo spirito della santa orazione e devozione, come è ordinato nella Regola. Sta sano». (S. Francesco d’Assisi, lettera a Sant’Antonio).

 

«Quella ragazza ha detto solo due parole, ma ha detto tutto!» è stato il commento entusiasta di tanti al nostro rientro da Assisi dove con Titti e Andrea ho assistito al concerto di solidarietà «Con il cuore», la sera dello scorso 19 giugno. Insieme abbiamo presentato l’opera della nostra Comunità San Francesco di Monselice, intervistati da Carlo Conti.

Titti e Andrea, due giovani che hanno compiuto – e continuano a seguire – un cammino di liberazione dalla dipendenza, sono certamente entrati, in quella magica serata, nel cuore dei presenti e della grande platea televisiva. Credo fosse percepibile l’amore che c’era nelle parole della loro e della nostra testimonianza. È ciò che avviene quando si coglie l’invito a dare voce a un vissuto ricco di volontà di riscatto, di trepidazione e di speranza, come un arco teso, come una molla carica al punto giusto.

Mi ricorda un po’ quel 24 settembre 1224 a Forlì quando dal semplice Frate Antonio «il portoghese» nacque l’eccezionale comunicatore che fu il Santo di Padova. Abituati a sentire bellissime prediche in latino o in volgare da pulpiti che avevano ospitato grandi oratori, quel giorno i fedeli ascoltarono uno che parlava con il cuore, forse con pochissime parole, senza minacce e moralismi. Gli era sufficiente quanto aveva sperimentato, sofferto, pregato, condiviso, e che gli premeva dentro, pronto a farsi dono, restituzione di beni ricevuti.

Allora non c’era la televisione per il nostro Santo, e dunque non fu un opinionista ricercato. Al suo tempo, ogni «annunciatore» diveniva pellegrino della Parola percorrendo strade, sentieri e acque navigabili, tutte formidabili occasioni di incontro e di evangelizzazione: Bologna, Rimini, le città del meridione della Francia, Vercelli, Padova, e tanti villaggi e cittadine.

Ciò che aveva da portare era il palpito di Gesù Salvatore nel presente che grida una sete di realizzazione e di salvezza. Poi stimolava tutti, clero e laici, a una seria autocritica ovvero alla conversione, chiamando finalmente il peccato col suo nome, e accostandosi al sacramento della Riconciliazione che Antonio definisce «Casa di Dio».

Poi lo sprone di Antonio per la giustizia e per la responsabile riparazione del male compiuto, intraprendendo una vita morale nuova, nella quale il volto di Gesù Cristo e dei propri simili siano il punto di riferimento nuovo e costante, sperimentando una felice «esuberanza» che può venire solo da una coscienza pacificata. Cammino di anni, seminato di fatica e qualche lacrima, come sanno bene anche Titti e Andrea.

Cosa disse Titti, tutto d’un fiato, quella benedetta sera? «Ragazzi la vita è bella, facciamo di tutto per non rovinarla!». Stringi stringi, in fondo Titti e sant’Antonio hanno fatto la stessa predica.

Data di aggiornamento: 26 Ottobre 2018
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