Tempo di consolidare i cuori
Seminava a larghe mani mio papà Germano, nei campi del Trentino. E se per tracciare i solchi nel terreno aveva bisogno di me, solo lui poteva spargere il seme. Lo faceva con grande solennità, in un gesto quasi liturgico, compenetrato nel suo ruolo di padre, che così compiva la sua funzione di provvedere a noi figli, affidando il seme alla terra. Ebbene, proprio della semina, per un raccolto abbondante, parla con forza poetica papa Francesco nel suo messaggio di Quaresima. E lo fa con la consapevolezza che la semina è un tempo di kairòs, cioè quel momento magico in cui la storia assume una fecondità unica.
Mi viene in mente il gesto efficacissimo del mio professore di esegesi paolina, quando, per spiegare la storia fatta kairòs dopo la venuta di Cristo, prendeva un foglio bianco, lungo e disteso. Ci chiedeva attenzione e poi, in un attimo, lo rendeva una pallina piccola piccola. E spiegava: «Il tempo senza il Cristo è lungo e vuoto, insignificante. Con il Cristo, invece, il tempo si fa concentrato, una pallina dalla potenza atomica. Dove l’atomo è la sua energia vitale, che si irradia sul Creato e nella storia universale e personale. Con Cristo, hai fatto centro!».
Questa è la Quaresima. E per rendercela piena, il Papa utilizza un fiume di citazioni bibliche, dove prevalgono quelle tratte da uno scritto raro, molto espressivo, tipicamente quaresimale: la Lettera di Giacomo. Mi è sempre piaciuta, perché concreta e precisa, senza fronzoli e a tratti anche rude. Ma l’ho assaporata ancor più, da quando, su invito dei miei preti, ho avuto la gioia di commentarla per un libretto dal titolo significativo Consolidate il cuore, strumento per i Cenacoli del Vangelo, Parola da vivere nelle famiglie del Molise (covid permettendo!). Papa Francesco nel suo messaggio ci chiede proprio di «consolidare il cuore»: «Non stancatevi di fare il bene verso tutti, per avere la gioia, a suo tempo, di mietere» (Cfr Galati 6,9-10).
Giacomo ci indica anche la strada. Prima di tutto, ci esorta ad accogliere la Parola, seminata in noi a larghe mani da Dio stesso, perché sia messa in pratica e non dimenticata in scaffali polverosi. Così quel seme sparso nei solchi della terra si fa storia. E se sai accogliere la Parola nel tuo cuore, saprai anche accogliere il profugo nella tua casa. O nella tua comunità «nel posto d’onore» dove di solito accogli il ricco, perché rimani abbagliato dal suo «anello d’oro al dito» (Gc, 2). Anche il Papa è forte in questo suo dire. Parla di «atteggiamento criminale», nella sua recente intervista alla televisione, quando lasciamo fuori dall’Europa, dietro ai fili spinati, i tanti migranti che muoiono di freddo per la nostra indifferenza. Se ascoltassimo invece la Parola di Dio, udiremmo il grido dei poveri. E proprio tramite la concretezza della carne del fratello, incontrata nell’elemosina, vinceremo anche il rischio della dipendenza digitale, indicata come «un mortale veleno» se si sostituisce agli incontri reali (F.T. 50).
Passaggi meravigliosi, per concretezza. Basta un respiro più ampio e quelle parole antiche profumano di attualità, tra le viole della primavera. La violetta, infatti, è il più autentico simbolo della Quaresima, perché sprona a restare umili, per restare umani. Poiché «agli umili Dio concede la sua sapienza, mentre resiste ai superbi» (Gc 4,6). Così è fonte di rinnovata gioia per me vedere che, nel terminare la sua lettera, l’apostolo ritorna alla campagna, indicando il modello della pazienza: «Guardate all’agricoltore, che aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra, finché abbia ricevuto le piogge di primavera e di autunno, per consolidare i cuori!». (Gc 5,7-8).
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