07 Dicembre 2025

Tre ciotole

È ispirato all’omonima raccolta di racconti di Michela Murgia, scomparsa nel 2023 e per anni collaboratrice di questa rivista, il film «Tre ciotole» (Italia/Spagna 2025) di Isabel Coixet.
Tre ciotole

Marta e Antonio si amano di una passione giovanile, scanzonata e vitale. Lei insegna educazione fisica al liceo e lui è titolare di un’apprezzata trattoria romana, che sta rilanciando il menu tradizionale. Ci sono le ore eccitate del desiderio, le emozioni del lavoro, il dolore di un’improvvisa separazione, lo scacco di una malattia inguaribile, il sostegno degli amici, il sogno di una vita che ricomincia miracolosamente con una festa in memoriam. Tre semplici ciotole comprate con i punti del supermercato segnano una svolta nelle loro vite. Sono tre ciotole che fanno compagnia a Marta nella sua rinascita e si riempiono della bellezza di frutta, verdura, riso come in una natura morta che risplende di luce. Grazie a queste cose di casa, Marta combatte il pianto, il mutismo, la chiusura psicologica, il disordine alimentare, la minaccia del distacco. La ciotola contiene, custodisce, offre. 

Lui ha lasciato lei, dopo sette anni di convivenza. Marta reagisce avvertendo più acutamente l’inappetenza e i dolori allo stomaco. Antonio sembra invece assorbito dal lavoro, ma patisce inconsapevolmente gli effetti di un distacco precipitoso e un po’ egoista. Marta immagina qualcosa che le tenga compagnia e la trova in una sagoma di cartone, che rappresenta Jirko, un cantante pop sudcoreano idolatrato dai teenager. Il collega filosofo, che le vuol bene, le presta il volumetto L’uomo è ciò che mangia di Ludwig Feuerbach. L’uomo è ciò che mangia: una definizione memorabile, che pone l’inizio del sapere nel rito alimentare, nella cura dei corpi, nella liberazione dei sensi, nell’evasione dalle tiranniche «anime morte» che vivono di consumi impersonali e di conformismo morale.

Perché un amore finisce? Perché ciò che univa (la leale scontrosità di lei, la costruttiva aggressività di lui) è diventato un peso per i partner? Il film lascia sospese le risposte sbrigative. La vita è complessa e ignoriamo persino il senso della danza degli uccelli: si divertono così? Oppure si difendono grazie all’unità dello stormo? La regista catalana Isabel Coixet (che aveva già affrontato il tema della distanza esistenziale nei film La mia vita senza di me, La vita segreta delle parole, Cose che non ti ho mai detto, Notte senza fine) porta sullo schermo l’ultimo scritto di Michela Murgia, scrittrice e collaboratrice di questa rivista, che visse su di sé le pene di una patologia terminale, conservando sin all’ultimo un’esplosiva creatività e un attaccamento crudo e totale agli affetti che la circondavano. 

Il film Tre ciotole orienta il nostro sguardo di spettatori verso la potenza leggera e arruffata del presente, che ci sorprende con notizie impreviste, ci offre percezioni promettenti, sfugge dolorosamente al calcolo e impone un salto di fede per continuare a vivere. Attorno ai protagonisti, una Roma popolare, non turistica, velata, ci contagia di rivelazioni: piccioni curiosi e vulnerabili, edicole di Madonne a ogni incrocio, luci soffuse e indirette, preti che chiacchierano chissà di che, specchi e specchiere ovunque, studenti spregiudicati e problematici, scenografie notturne in bicicletta, magnifici ponti che si stendono pigri sopra il Tevere. La malinconia della colonna sonora (De Vilallonga, Vanoni, Mahmood, Tenco) non appesantisce, ma sostiene empaticamente chi è toccato dalle immagini.

Il tema del dolore è presentato con delicatezza timida e scabra. È il lato nero dei giorni, che nessuno spiega e che ci assedia senza ragioni. Manca nel film una risposta religiosa, ma la reazione etica è condivisibile: siamo ingaggiati in una lotta tenace contro il male, in nome della verità degli affetti, poiché ogni vita vale la pena di essere vissuta, se si può giocarla per una buona causa, se si può sperare che la separazione non sia penosa e che gli amici facciano festa in nostro nome, scambiandosi i doni che anche noi amavamo. «Ti prego, promettimelo ? chiede Marta al collega filosofo ?, abbi cura di quelle due studentesse: attraversano un periodo difficile…». È la promessa l’unica grazia su cui possiamo far conto. E con essa il perdono, il perdono chiesto da chi ha sbagliato, il perdono regalato da chi ha sofferto per colpa nostra.

Il cinema al femminile è una ciotola accogliente, in cui deporre pensieri e immagini, che altri gusteranno come cibo buono, desiderabile alla vista e utile per acquistare saggezza. Tre ciotole sono il mezzo di una condivisione tra la verità, che l’autrice ha raccontato nel libro, quella che la regista ha intuito e quella che lo spettatore riscrive e completa introducendo proprie varianti narrative. «Non c’è tempo di occuparsi di cose stupide» dice Marta. I nostri sogni ci aspettano, potremmo sussurrarle.M

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Data di aggiornamento: 07 Dicembre 2025

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