11 Luglio 2017

Punti di vista: umiltà in dialogo

La ricerca della verità e la costitutiva fragilità di ognuno di noi, frati e giornalisti compresi, impongono di interrogarsi e ascoltarsi spesso. Talvolta persino di cambiare idea.
Comunicare la fede.
Comunicare la fede.
BUBAONE / GETTY IMAGES

«Non mi riconosco più nella nuova versione che si è voluto dare al mensile negli ultimi mesi, in particolare, ospitando articoli di giornaliste/i provenienti da giornali di estrema sinistra, con tutto rispetto per tutte le idee, ma che non sono costretto a condividere». Lettera firmata

«A proposito dell’articolo “Quando i migranti eravamo noi” (Msa 1/2017), vorrei sottolineare che gli emigrati italiani lavoravano nei Paesi con spazi immensi da colonizzare, come Stati Uniti o Australia, oppure svolgevano i lavori più umili in Europa (...). Il paragone con quanto accade adesso è forzato: anzitutto non è corretto parlare di immigrazione – che è regolata –, ma di schiavismo e di invasione di massa. Il rischio di terroristi nascosti nei barconi è quasi una certezza. Non tutti gli africani vengono per lavorare». Lettera firmata

«Ho letto nel numero di febbraio del “Messaggero”, l’editoriale “La grazia delle divisioni” e mi permetto di dissentire sul fatto che la cosiddetta riforma luterana sia una grazia. Essa ha prodotto un gravissimo vulnus nella Chiesa, Corpo di Cristo, Chiesa che Egli volle e vuole Una, Santa, Cattolica e Apostolica. (...) Dire che Gesù, pregando per l’unità di tutti i suoi discepoli, avrebbe voluto tante chiese diverse dalla Sua è stravolgere (...) la Sua volontà (...). Sono affezionata al vostro mensile e mi dispiace notare, ma spero di sbagliarmi, che vi siete adeguati (...) a questo andazzo moderno che, per la furia di innovare (...), sta gettando alle ortiche la sana dottrina (...) del nostro Redentore». Lettera firmata

 

Avere dei lettori che leggono con attenzione le pagine della tua rivista, che condividono e talvolta dissentono; e te lo fanno sapere, anche protestando ed esigendo risposte, beh, è la cosa migliore che possa capitare a un giornale. O, almeno, qui in redazione al «Messaggero di sant’Antonio» la pensiamo così. La ricerca della verità, da una parte, e la costitutiva fragilità di ognuno di noi, frati e giornalisti compresi, dall’altra, impone umiltà in tutti. E la disponibilità a cercare, interrogarsi e chiedere, ascoltarsi reciprocamente. Talvolta persino a cambiare idea o ad arricchire la propria posizione. Ciò non ha nulla a che fare con il relativismo, anzi: credo fermamente nel Dio di Gesù Cristo! Il dialogo, o almeno il tentativo di fratellanza con ogni uomo e donna, è mandato e impegno evangelico, che san Francesco e sant’Antonio hanno coltivato e trasmesso ai propri seguaci. Ha a che fare tanto quanto con la passione di Dio per l’uomo di cui tutta la Bibbia ci parla, che con il dovere di proclamare al mondo intero che Gesù è morto e risorto (per tutti, anche se non ancora tutti lo sanno).

Il «Messaggero di sant’Antonio» sarebbe più se stesso se si chiudesse al confronto, sincero e rispettoso, anche con chi non la pensa come noi? Se siamo sicuri della nostra fede, perché dovremmo temere il dialogo? Sarebbe più se stesso se si limitasse a ribadire verità granitiche e indiscutibili, usandole come clava sulla testa delle persone, dividendo il mondo, come fanno tutti i fanatismi religiosi, in «noi» e «tutti gli altri»? Sarebbe più se stesso se si sottraesse al dovere di approfondire, scavare, farsi domande lì dove invece ci vorrebbero allineati, silenziosi, eco di banalità, slogan e pregiudizi? Sarebbe più se stesso standosene al sicuro nel proprio fortino ideologico, e non uscisse invece lì dovunque l’uomo vive, ama, soffre, lotta, spera e crede, come invece invita a fare papa Francesco? Siamo meno «Messaggero di sant’Antonio» perché ci schieriamo sempre dalla parte della povera gente, dei relitti umani che il nostro egoismo produce, e chiediamo «perché »? Senza ricette magiche per risolvere i problemi, ma almeno richiamando la dignità di ogni uomo e donna, non sempre, ci pare, riconosciuta né dai «buonisti» né dai «razzisti ». Rischiamo, talvolta sbagliamo, ma lo facciamo sempre per il rispetto che vi dobbiamo, cari amici lettori! 

Data di aggiornamento: 11 Luglio 2017
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