Depressione, senso di colpa e aiuto della fede
«Gentile direttore, a Dio piacendo non mi mancano né il pane né un tetto sopra la testa, ma? a un certo punto, non so da quando o come, mi sono ritrovato “usurato” o, per dirla più direttamente, depresso. Non so se questa condizione sia nata al lavoro, che da un pezzo non mi offre soddisfazioni, o dal traballare delle relazioni fondamentali, con i miei due figli che quasi non mi parlano più, e con mia moglie che nonostante tutto cerca comunque di sopportarmi (è stata lei, per dire la verità, a spingermi a scriverle). La crisi ha investito anche il mio credere in Dio: com’è possibile che io mi ritrovi a questo punto?».
Lettera firmata
Gentile lettore, grazie per aver accettato la sfida di scrivere – e grazie a sua moglie che l’ha sostenuta nel farlo –. Il tema è vasto, complesso e delicato. Meglio allora piantare qualche paletto.
La mia non potrà essere una risposta precisa al suo caso, che non conosco a sufficienza per potermi pronunciare con un intervento puntuale. Di per sé, da quanto comunica non si può nemmeno affermare con certezza che lei sia effettivamente «depresso», parola ombrello sotto la quale hanno trovato improprio riparo una miriade di stati d’animo gravitanti attorno alla tristezza, al pessimismo, alla malinconia, infine all’accidia (ma qui siamo su un altro piano, morale).
Tale abuso, esito della medicalizzazione di ogni problema dell’uomo, va a danno di tutta la collettività e in definitiva pure di chi la depressione la vive davvero, come ben definita patologia psichiatrica! Ad affermarlo non sono io, ma uno dei (pochi) grandi padri della psichiatria in Italia, Eugenio Borgna, già ospite sulle pagine di questo giornale, che invita a distinguere le depressioni gravi (colpiscono circa il 2 per cento della popolazione) da quelle non psicotiche, «forme di tristezza al confine fra la normalità e la sofferenza psichica. Una persona su quattro nel corso della vita vive episodi depressivi, che tendono a risolversi». Borgna (ma non solo lui) è impegnato nel tornare a dare dignità alla malinconia, sentimento anche positivo quando è riscontro che, nonostante magari si abbia «tutto», sempre qualcosa di essenziale ci manca, ci trascende, e che non bastiamo a noi stessi. Bene sintetizzava Romano Guardini: a volte «la malinconia è nostalgia dell’infinito».
Questo ci riporta al suo quesito: «Come è possibile?». Ovvero – mi sembra di leggere tra le righe – come è stato possibile che proprio lei, con la sua vita tutto sommato «a posto» fatta di lavoro, casa, famiglia con figli, abbia potuto imbattersi nella (qui la prendiamo nel suo senso pieno patologico) depressione? Sembra quasi un flagello divino, tanto da mettere in dubbio la fede. Pare emergere il volto di un Dio «assicuratore», col quale firmare una polizza e dividersi i compiti: io rigo dritto, tu mi garantisci un’esistenza di una certa qualità. Nel caso così fosse, è provvidenziale che questa immagine sia andata in frantumi! Perché non funziona proprio... E d’altra parte, di fronte a una diagnosi di depressione, non è solo inutile e dannoso dare spazio ai sensi di colpa, ma è proprio decisamente sbagliato caricarsi di un peso che nasce da presupposti errati. Sì, anche il credente può passare attraverso il trauma della depressione, come pure può incappare nell’influenza, nel mal di schiena o in altre malattie. Penso a Giobbe e alle reazioni dei suoi amici…
Che cosa può dunque la fede in questo frangente, di depressione conclamata o comunque di sofferenza psichica? Senza sostituirsi alla necessaria cura psicologica, può molto. Pensiamo all’esperienza di Gesù durante la passione: egli visse una profondissima comunione con il Padre sebbene si sentisse abbandonato e fosse in uno stato di indicibile sofferenza. Certo, è una lotta, dura, ma dalla quale, senza chiuderci in noi stessi e confidando in Dio, possiamo uscire vittoriosi. Come aiuto, le suggerisco di confrontarsi con gli scritti di un maestro di spiritualità quale Anselm Grün (ad esempio il suo libro Lacerazioni, Emp 2009) e con l’intervento di fra Paolo Benanti su Bibbiafrancescana.org.
Buon combattimento, a lei e a tutti noi!
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