Il miraggio dei social
Oggi, si dice, è l’epoca della comunicazione: tutti comunichiamo di continuo anche, e forse soprattutto, attraverso i social network. Ma siamo proprio certi che ciò che facciamo sia davvero comunicare? O non si tratta, più semplicemente, di uno scambio di informazioni?
Con questa domanda di fondo si apre il volume di Silvano Petrosino, docente di Filosofia della comunicazione e di Filosofia morale all’Università cattolica di Milano. Un libro che stimola la riflessione su una questione di vitale importanza, sulla quale purtroppo si sorvola con troppa superficialità.
«Oggi – ha detto l’autore nel corso di una presentazione del volume nell’ambito del Festival della Dignità Umana – diciamo di continuo “Io”, mentre comunicare è saper dire “Tu”, è riconoscere l’altro». È ascoltarlo e lasciar risuonare in sé le parole ascoltate. È confrontarsi sul loro senso, rimandandogli ciò che esse hanno suscitato in noi. Tutto il resto è «semplicemente» desiderio di essere riconosciuti.
«Per comunicare – sottolinea infatti Petrosino – bisogna imparare ad ascoltare, sempre e contemporaneamente, se stessi, l’altro e la realtà a cui ci si riferisce». E non possiamo trasferire nella grande piazza mediatica uno stile comunicativo «da bar», fatto di luoghi comuni, pressapochismi e verosimiglianza: il grande potere che una diffusione mondiale di parole, come quella consentita oggi dai social, può avere sulla costruzione di visioni di mondo non può essere sottovalutato. Per questo utilizzare bene le parole è, oggi più che mai, una grande responsabilità.
Un libro denso, questo di Petrosino, da leggere, rileggere e sul quale riflettere a lungo, con la certezza di fondo che (come sosteneva lo scrittore Raymond Carver) «le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste».