Un centro caritas contro il covid-19
«I casi fatali di covid-19 sono in continua crescita e sta avvenendo quello che più temevamo: a morire sono i più poveri, quelli che vivono di espedienti nelle favelas e dipendono per la sopravvivenza solo da un’istituzione come la nostra». Il grido accorato arriva da Limoeiro, cittadina di 60 mila abitanti dell’entroterra, che dista circa 77 chilometri da Recife, capitale dello Stato del Pernambuco, punta est estrema del Brasile. A lanciarlo, Renzo Compostella, presidente dell’Associazione veneta Amici del Terzo Settore, che da molti anni sostiene l’Istituto Padre Luigi Cecchin di Limoeiro. L’istituto, nato dall’impegno di don Luigi, sacerdote diocesano morto dieci anni fa e per il quale è stata istruita una causa di beatificazione, ha al centro la formazione umana, scolastica e professionale dei più giovani, ma è di fatto un centro di promozione sociale per tutta la comunità.
A gestirlo negli ultimi anni la congregazione di Don Calabria «religiosi e suore con un grande cuore e insieme una grande capacità organizzativa. Per fortuna ci sono loro!» afferma Renzo, occhi chiari su un barbone da patriarca. Il progetto che Caritas sant’Antonio sta sostenendo a Limoeiro ha due anni di gestazione ed è la costruzione di un centro caritas, con annessi mensa, centro di ascolto, ambulatorio e servizio docce. È stato pensato e voluto in tempi non sospetti, perché la situazione sociale era gravissima anche prima della pandemia. La gente è molto povera, non ha una cultura del produrre, perché ha alle spalle un passato di schiavitù.
Una nuova cultura del lavoro
Ancora oggi lo sfruttamento del lavoratore è normale. «Qui regna la monocultura agricola: un esercito di braccianti lavora fuori regola per signori che non sanno neppure quanti terreni o capi di bestiame hanno». Sulla carta la sanità è pubblica: «Ma ho avuto bisogno di cure all’ospedale – racconta Renzo – e ho potuto toccare con mano l’assenza di mezzi e di igiene. La gente di fatto non può curarsi senza un’assicurazione privata. Se questa pandemia sta falcidiando migliaia di persone è proprio a causa delle condizioni di vita, che rendono impossibile il distanziamento sociale, e delle gravi carenze del sistema sanitario». Le famiglie sono per lo più disgregate, madri sole con molti figli, in casette fatiscenti, senza servizi igienici. «Si vive di lavoretti, soprattutto nel commercio, anche questo retaggio della colonizzazione portoghese».
Ogni Paese è la sua storia. Ma don Luigi aveva guardato avanti. Caparbio, contro ogni evidenza. «I primi anni le strade di Limoeiro brulicavano di bambini e ragazzi di strada, oggi non è più così. Lui li ha riportati a scuola, ha insegnato loro un mestiere, li ha seguiti in ogni fase della vita come in una famiglia. In cinquant'anni di storia, l’istituto si è preso cura di oltre 22.500 persone. Tanti ex ragazzi di strada oggi hanno famiglie, piccole imprese e stanno generando una nuova cultura del lavoro».
Oltre la cappa della pandemia
Il covid ha bloccato per ora il futuro, ma il nuovo centro caritas è ormai completato, sono arrivate anche alcune attrezzature. Ma ancora non si è potuti partire: l’emergenza oggi è trovare gli alimenti per far sopravvivere in questi tempi di morte e di mancanza assoluta di lavoro famiglie già poverissime. Quando si riuscirà ad aprire il centro, sarà una festa poter servire pasti caldi e mettere a disposizione vestiti, alimenti, assistenza sanitaria. Nel mezzo dell’inferno, c’è già un «oltre» che aspetta Limoeiro e la sua gente. E in quell’«oltre» ci siamo anche noi, che questa volta comprendiamo dal di dentro che cosa significa aspettare un nuovo giorno.
Segui il progetto su www.caritasantoniana.it
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