Vivere è offrire
«Devo lasciare un biglietto a mio nipote: la richiesta di perdono per non avergli lasciato un mondo migliore di quello che è». Lo scriveva il poeta Andrea Zanzotto verso la fine della sua vita.
Questa estate, che vedrà forse il superamento della crisi pandemica che ha pesato soprattutto sui più giovani (dalla scuola alla socialità), può essere un momento propizio per ripensare e valorizzare il rapporto tra le generazioni, nel segno di una nuova alleanza.
Non c’è solo, per quanto importante, il problema del mondo che lasciamo loro. O meglio, questo è l’aspetto più macroscopico di una questione culturale di fondo: non ci prendiamo abbastanza cura del rapporto tra le generazioni.
Perché le generazioni non sono pure successioni cronologiche di ascendenti e discendenti. Ciò che fa le generazioni, scriveva il filosofo Bernard Stiegler, è la trasmissione di sapere, di ciò che si è imparato con l’esperienza essere degno di valore. In altre parole, è l’educazione che fa le generazioni.
Per Maria Zambrano, filosofa e poetessa, «si vive per davvero soltanto quando si trasmette qualcosa. Vivere umanamente è trasmettere, offrire». In questi mesi meno frenetici, prendiamoci il tempo di curare il rapporto tra le generazioni. Raccontando di più, per esempio, che è un modo per trasmettere sapere e rigenerare il legame tra i tempi e tra le persone.
Coltivare memoria per alimentare speranza. È una terapia contro la dislessia esistenziale. È condizione di un perdono che non sia sanatoria smemorata, ma rafforzi l’alleanza che si era infragilita.
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