Tra sacro e profano

Siamo a Ferrara, per la precisione in via Zemola, nel cuore medievale della città estense. Qui, nel 1228, Antonio di Padova fece parlare un neonato di pochi giorni per attestare l’onestà della madre.
21 Settembre 2021 | di

È uno dei miracoli che la tradizione attribuisce al Santo in assoluto più rappresentati nella storia dell’arte. Solo a Padova, nel complesso basilicale, sono tre le opere artistiche che lo raffigurano. Stiamo parlando del famoso episodio in cui il nostro frate Antonio fece parlare un neonato per discolpare la propria madre ingiustamente accusata di adulterio dal marito geloso. Pochi sanno che l’episodio in questione si svolse nel 1228 a Ferrara (oggi in Emilia, all’epoca parte delle Romagne) e per la precisione nell’attuale via Zemola, nel cuore della Ferrara medievale, all’interno della dimora di Taino degli Obizi. Questi, in preda a una crisi di gelosia, accusò la bella consorte di averlo tradito, dichiarando di non essere lui il padre del loro figlio nato da pochi giorni e rifiutandosi persino di prendere in braccio il piccolo.

Ma ecco intervenire frate Antonio che, secondo la tradizione, si trovava all’epoca ospite di un conventino francescano a pochi passi dalla casa degli Obizi e con il suo intervento miracoloso diede parola al piccolissimo infante che attestò, appunto, l’innocenza della madre. È, questo narrato, uno degli episodi miracolosi attribuiti ad Antonio che più hanno contribuito ad alimentarne la fama di «santo protettore della famiglia», a cui in molti si rivolgono proprio per riportare la concordia e la pace in ambito familiare.

Dall’arte alla cronaca

Nel complesso basilicale, abbiamo detto all’inizio, sono ben tre le opere di grande valore artistico che raffigurano l’evento. La più nota è senza dubbio il grande affresco che si trova nella sala priorale della Scoletta (o Scuola) del Santo, con ingresso dal sagrato della Basilica: si tratta del Miracolo dell’infante che parla, opera di un giovane Tiziano Vecellio (1511). Per ammirare la seconda bisogna recarsi invece alla cappella dell’Arca, che custodisce le spoglie mortali di Antonio: qui, tra i bellissimi altorilievi che spiccano sulle pareti, ve n’è uno, opera di Antonio Lombardo, intitolato Il miracolo del neonato parlante che attesa l’innocenza della madre (1505) e che, come recita lo stesso titolo, raffigura il medesimo episodio. Infine, l’evento è rappresentato anche in uno dei bassorilievi (1446-1453 ca) che ornano l’altare maggiore della Basilica, firmati da Donatello.

Ma rituffiamoci nella cronaca antica. Torniamo quindi in quel di via Zemola, perché si tratta di un luogo dalla storia particolare, in cui sacro e profano si mescolano di continuo. La strada, infatti, prende avvio da un volto scolpito nella pietra in quella che fino a quel punto è via Terranuova. Tale volto, conosciuto come volto del Sarasino, o volto dei Bastaroli o, ancora, volto della Malvasia, a partire dal 1800 venne appellato anche volto del Naso di Legno dal nome di un postribolo che proprio lì esisteva. Ma anche la stessa via Zemola ebbe per un periodo il nome di via dei Malpaga, alludendo in tal modo all’umiliante mercede ricevuta dalle prostitute. Il nome Zemola, invece, pare derivi dal termine Gemmola (e qui rientriamo nell’ambito del «sacro») e fa riferimento all’omonima località sui colli Euganei in cui la beata Beatrice I d’Este fondò un convento.

Beatrice I d’Este era zia di un’altra Beatrice (Beatrice II d’Este) che ampliò il monastero di Sant’Antonio in Polesine, a Ferrara, dove ella stessa venne sepolta in odore di santità. E non basta ancora. Perché verso la fine di via Zemola, all’angolo con via della Paglia, vi è il busto di una Vergine con Bambino, risalente al ’500. In questo luogo avvenne, nel 1845, un altro fatto miracoloso: un bambino, caduto dall’altezza di quasi dieci metri ai piedi della scultura, si salvò miracolosamente e, a memoria dell’evento, venne apposta sul luogo una targa di marmo per volere dei Facchini della Dogana. Peccato e redenzione, sofferenza e consolazione stanno fianco a fianco in questo luogo, così come spesso accade nella vita quotidiana, quasi a dire che sempre «dove è abbondato il peccato, è sovrabbondata la grazia» (crf Rm 5,20).

 

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Data di aggiornamento: 23 Settembre 2021
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