27 Ottobre 2020

Non solo mamma e papà

Nella quotidianità familiare molteplici sono i ruoli: donna, uomo, coppia e genitori. Nessuno di essi deve fagocitare gli altri e ciascuno deve trovare un proprio spazio di espressione.
Non solo mamma e papà

© Giuliano Dinon

«Cari Edoardo e Chiara, siamo una coppia sposata da sette anni e abbiamo due bellissimi bambini di 5 e 2 anni. Io lavoro in un centro come fisioterapista e mio marito è un agente di commercio. Spesso a causa del nostro lavoro ci capita di rientrare verso sera e quindi lasciamo i bambini, al rientro dal nido, scuola materna o centri estivi, ai nonni che, per nostra fortuna, sono disponibili e sono contenti di stare con i loro nipoti. La questione è che io e mio marito ci ritroviamo a non aver più tempo esclusivo per noi due e questo un po’ ci pesa. Lui sarebbe più possibilista, affermando che una sera ogni tanto potremmo uscire noi due da soli, io però faccio molta più fatica e mi sento, come madre, in colpa all’idea di lasciarli ancora con i nonni (ma sarebbe uguale, se non peggio, con una baby-sitter) anche per cena o per la messa a letto, e personalmente mi sembra un egoismo sottrarre loro anche quel poco “tempo di mamma” che hanno. Per questo motivo ci ritroviamo spesso a discutere come coppia. Voi cosa ne pensate?».
Anna e Lorenzo

 

Carissimi Anna e Lorenzo, grazie per averci dato questo magnifico spunto di riflessione con la vostra preziosa lettera. La questione che portate non riguarda solo voi due, ma molte coppie con figli piccoli e lavori impegnativi e proveremo a suggerire una direzione utile alla vostra e altrui riflessione. La questione secondo noi è: la cura della relazione filiale è necessariamente in antitesi alla cura della relazione di coppia? Dedicando del tempo esclusivo alla coppia stiamo necessariamente solo sottraendo del tempo alla cura dei figli? Il tempo di coppia può avere una valenza educativa? Secondo il nostro parere, e la nostra esperienza diretta e indiretta, la relazione genitoriale e la relazione coniugale sono distinte ma non antagoniste e, anzi, possono supportarsi l’una con l’altra.

Proviamo a rendere più concreto il discorso. Se io decido di uscire una sera con mia moglie solo per stare un po’ insieme in modo speciale, solo per parlare con calma e intimità, solo per prenderci cura del nostro amore, non sto forse anche educando i miei figli? Nel momento in cui diciamo ad Angela ed Emanuele (i nostri due figli più grandi) che mamma è papà escono perché hanno bisogno come coppia di volersi bene al di fuori e al di là di loro, non sto forse esercitando un potente atto educativo? Sto mostrando loro (il che è molto più efficace del solo «dire») che l’amore ha bisogno di tempo, che l’amore non è qualcosa di automatico e spontaneo, ma dobbiamo prendercene cura, esercitare una volontà, assumerci i mezzi per poterlo far crescere, affinché non deperisca (l’amore ha solo queste due possibilità: o cresce o deperisce, non è mai statico, è per sua natura dinamico). Credo che tutte le volte che noi due siamo usciti in coppia abbiamo voluto bene ai nostri figli, facendo loro un dono incommensurabile: abbiamo regalato il ricordo di una mamma e di un papà che non davano per scontata la propria relazione, che si amavano ed esercitavano nella realtà azioni utili a coltivare il loro legame. 

Questo è un atto formativo anche al maschile e al femminile. Un maschio che si prende cura della propria sposa regalandole una cena romantica, mostra ai figli che la mamma non è solo una mamma, ma anche una donna e una moglie. Uscire in coppia, inoltre, è un sano confine all’innato narcisismo dei figli. E infatti così facendo comunichiamo che non esistono solo loro, che sono importanti ma non speciali, che esistono anche altre persone da amare e che questa in realtà non è una sottrazione ma un confine. È come se a ciascuno di essi noi dicessimo: «Caro figlio, è un inganno l’idea che tu sia l’unica terra di questo mondo. Ti posso amare ma solo fino al tuo confine; oltre, c’è un altro luogo, un altro territorio da abitare e da amare. Caro figlio, ti posso amare pienamente ma non esclusivamente. Se non ti ricordassi che ci sono altri territori degni del mio amore, rischieresti di coltivare l’illusione di essere speciale, superiore agli altri, un autoinganno che un giorno vivrebbe la deludente scoperta che la realtà non si fa comandare dalle tirannie del tuo cuore».

Ovviamente tutto quello che stiamo dicendo va proporzionato in base alla realtà di ciascuna famiglia. Se la mamma o il papà sono a casa e a disposizione quotidiana dei propri figli sarà più facile e frequente la possibilità di uscire in coppia. Nel vostro caso, Anna e Lorenzo, le uscite non potranno essere settimanali, ma forse una sera al mese potrà essere sufficiente. Quella sera, però, sarà importante, sarà il simbolo del vostro essere distinti dai figli, sarà l’occasione per non darsi per scontati, sarà un baluardo (ovviamente non potrà essere l’unico) per ricordarsi che la coppia è fondamentale e rappresenta l’asse su cui poggiano anche i figli: se essa dovesse marcire e spezzarsi, cadrebbero anche loro.

La vita familiare non è un luogo dove annullarsi come coppia e singoli. Con il tempo si potrà imparare, anche nell’esercizio della nobile arte della genitorialità, a restare collegati l’uno all’altro, risintonizzandosi continuamente e legittimandosi nelle differenze. Però può essere utile ricordare a noi stessi che nella quotidianità familiare restiamo molteplici anche nei ruoli: uomo, donna, coppia e genitori. È bene che nessuna di queste identità fagociti le altre, ed è bene che ognuna trovi un proprio spazio di espressione.
Edoardo e Chiara Vian

Scrivere a: redazione@santantonio.org oppure via posta a: Edoardo e Chiara, «Messaggero di sant’Antonio», via Orto Botanico 11, 35123 Padova

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Data di aggiornamento: 27 Ottobre 2020
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