25 Dicembre 2020

Tale padre (e madre…), tale figlio

Il Natale, il nostro Natale di ogni giorno, è faccenda di paternità e maternità non solo fisica, ma anche, come si suol dire, spirituale.
Tale padre (e madre…), tale figlio

© Ludmila Derevyankina / iStock / Getty Images Plus

Figlio fa rima con padre e madre. C’è poco da girarci intorno: figliolanza ha a che fare con paternità e maternità allo stesso tempo. Se c’è l’una, non possono latitare le altre, pena un’opera incompiuta. Farsi “mettere al mondo” è faccenda maledettamente seria e complicata. Perché non appaltata semplicemente all’incontro più o meno casuale di cellule o alla scarica adrenalinica di un attimo.

Se, come sembra, servono un padre e una madre che effettivamente siano tali, e non semplicemente un uomo e una donna, allora coinvolge piuttosto emozioni, desideri, progetti, dono reciproco, accoglienza, corporeità, stupore. Perciò non tutti coloro che procreano sono per ciò stesso genitori, e non basta nascere “in carne ed ossa” per essere figlio. E se è per questo, non si nasce figli una sola volta e per tutte, e non si è genitori solo in sala parto. Ci vuole più che una vita per essere e l’uno e gli altri!

Gesù l’ha spiegato bene all’incredulo e nottambulo Nicodemo: si deve rinascere continuamente! «Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito» (Gv 3,6): che è come dire che essere carne è ancora poco, se non arriviamo ad essere spirito nello Spirito. E che Maria è stata mamma di Gesù sotto la croce non meno che nella capanna di Betlemme.

E che il falegname Giuseppe non è stato meno papà di Gesù solo perché non ne era il genitore biologico, avendolo comunque educato ad una vita buona e bella, e alla fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Ed entrambi, papà e mamma, avendolo amato e accettato quale dono di Dio, da accogliere, accudire, far crescere responsabilmente, e infine lasciare andare. Secondo i progetti di Dio su quel figlio, e non secondo i propri di genitori apprensivi e desiderosi di riscatto sociale.

E bisogna pure dire che anche Gesù imparò a fare il figlio. Sia di Giuseppe e Maria sia del “padre suo che è nei cieli”, non esente da incidenti di percorso, né tantomeno da ripensamenti, o autentiche fatiche. Imparando a trentatré anni ad essere davvero figlio fidandosi del padre, non subendo più la sua volontà come imposizione ma come progetto di vita, e facendo di sé a sua volta un dono per tutti! «Io do la mia vita» (Gv 10,17), e proprio per questo poi mi ritrovo più figlio di prima!

Quest’anno perciò ci piace ricordare che il Natale, il nostro Natale di ogni giorno, è faccenda di paternità e maternità non solo fisica, ma anche, come si suol dire, spirituale. Perché tutti si possa crescere assieme a Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52)!
 

Data di aggiornamento: 25 Dicembre 2020
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