Penne nere del Victoria
Disponibilità, spirito d’iniziativa e servizio alla comunità sono i tratti distintivi che da 150 anni a questa parte contraddistinguono gli alpini in ogni angolo del mondo. Anche in Australia dove sono attive diverse sezioni in New South Wales, South Australia, Queensland, Western Australia e Victoria. In quest’ultimo Stato ci sono cinque gruppi, sparsi in altrettante località (Melbourne, Epping, Dandenong, Springvale e Myrtleford), che contano diverse centinaia di soci e simpatizzanti che si incontrano per eventi conviviali e per celebrare date significative come la Festa della Liberazione e la commemorazione della battaglia di Nikolajewka. Avvenuta esattamente 80 anni fa, il 26 gennaio 1943, la battaglia fu l’atto conclusivo della sanguinosa ritirata lungo il fiume Don. Nel tentativo disperato di tornare a casa dopo la fallimentare campagna di Russia, una divisione di alpini cercò di sfondare l’accerchiamento dell’Armata Rossa. I soldati italiani ce la fecero e uscirono dalla sacca del fiume, ma a un prezzo altissimo: su oltre 60 mila soldati, solo 13 mila riuscirono a fare rientro in Italia.
La battaglia viene ricordata in due grandi romanzi del Novecento: Centomila gavette di ghiaccio di Giulio Bedeschi e Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern. «Libri che tutti dovrebbero leggere», sottolinea Aldo Zanatta, ex presidente della sezione del Victoria dell’Associazione nazionale alpini, ora passata alla guida di Eliseo Mattiuzzo. «Un’altra ricorrenza che celebriamo è quella della Madonna del Don», ricorda Zanatta, originario della provincia di Treviso e per sedici anni alla guida del gruppo. Si tratta di un’icona russa, trovata durante la guerra tra le macerie di un monastero bombardato, e consegnata al cappellano di un battaglione di alpini che l’ha fatta arrivare in Italia. «Adesso l’originale è presso il convento dei padri cappuccini di Mestre. Sono stato a vederla. Vicino ci sono due calici con l’acqua e la terra del fiume Don. Ogni anno, a turno, una sezione diversa dell’Associazione nazionale alpini dona l’olio che tiene accesa la fiamma perpetua».
Per Zanatta e gli alpini di Melbourne, mantenere vive le tradizioni e tramandare le vicende storiche della madrepatria è un impegno importante. La sezione di Melbourne venne fondata agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso da Guido Galimberti. Allora, facevano parte del gruppo anche alcuni reduci della campagna di Russia, come Tiziano Lago ed Edoardo Dalla Bosca. «Lui era un valtellinese, rimase in Russia per quattordici anni perché venne fatto prigioniero di guerra. Quando tornò, nel 1954, la madre non lo riconobbe. Vide la lapide con scritto il suo nome e chiese di toglierla perché lui era lì in carne e ossa», racconta Beniamino Zanatta, ex sergente dell’artiglieria di montagna e membro del comitato per anni.
Guardando al cammino che gli alpini del Victoria hanno fatto in cinquant’anni, bisogna soffermarsi sui segni che il gruppo ha lasciato nella comunità: il monumento dell’Alpino, ora presso il Veneto Club di Melbourne, realizzato nel 1982 dallo scultore Magnavacca; il piccolo museo presso l’Italian Australian Institute, nel sobborgo di Macleod, e la chiesetta di Mt Buller. Di questa cappella costruita nella famosa località sciistica a 200 km da Melbourne, Beniamino e Aldo parlano con una punta d’orgoglio dato che sono stati entrambi coinvolti nella costruzione, di cui quest’anno ricorre il trentennale.
«L’abbiamo fatta con le nostre mani, da volontari», racconta Beniamino. «Sono stato coinvolto dal primo all’ultimo giorno, ero assieme a Candilio Calvisi e Gaetano Tomada a gettare le fondamenta», spiega Aldo. «Il promotore dell’iniziativa è stato l’imprenditore e filantropo Rino Grollo». Grazie a donazioni e al recupero di materiali, i volontari hanno portato a compimento l’opera, utilizzando le pietre della montagna. La cappella continua a riunire famiglie e amici degli alpini da tutto lo Stato la prima domenica di maggio di ogni anno. Inoltre, dal 2013, gli alpini si occupano della manutenzione dell’ossario di Murchison, il sacrario che custodisce i resti di 130 prigionieri di guerra e internati civili italiani morti in Australia durante la Seconda guerra mondiale.
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