«Chi lascia la via vecchia per la nuova…
Conosciamo la vecchia strada perché l’abbiamo sempre percorsa, ci è familiare. Ne conosciamo ogni dosso, ogni buca, ogni curva improvvisa, ogni ripida discesa e le salite più impervie. Sappiamo in partenza dove ci condurrà. E quasi sempre ci va bene così: non amiamo i cambiamenti di rotta improvvisi né le deviazioni forzate. Perché lasciare la vecchia strada se ci dà tanta sicurezza? Chi ce lo fa fare? Talvolta la vecchia strada non ci porta dove il cuore desidera e la vita si blocca, ristagna, non fiorisce. E il cambiamento diventa inevitabile; qualche volta è l’unico modo per non morire dentro, per non paralizzare la vita irrigidendola in schemi vecchi e sterili.
Non abbandonare mai la vecchia strada per paura impedirebbe ogni cambiamento, ogni sviluppo personale e sociale, ogni progresso della scienza. Non dico che si debba cambiare tanto per cambiare, solo per il vezzo di scoprire novità o di fare esperienze fine a se stesse, senza meta né criterio. Si cambia quando si vuole riaprire la porta della speranza, immaginare nuove e più fruttuose opportunità, ridare ali a una vita stanca e strascicata. Quante persone restano ferme, sempre allo stesso punto, per paura di intraprendere una strada nuova? Stravaccati sul divano, sdraiati e senza gioia, imbalsamati in percorsi che non portano più da nessuna parte. È una sofferenza sterile, un disagio inutile se non ci si ascolta nel profondo.
Cristoforo Colombo cercava una nuova via per le Indie; ha trovato qualcosa che non si aspettava ma che ha ridisegnato le carte geografiche e la storia. Ma di che cosa abbiamo veramente paura quando fatichiamo a lasciare la vecchia via per aprirci a nuove possibilità? Credo sia la paura dell’inedito, di ciò che non conosciamo, che non abbiamo mai sperimentato, che ci proietta in territori ignoti e potenzialmente minacciosi perché ci disinstallano dalle nostre consuete sicurezze. Sentiamo il bisogno di cambiare quando l’ansia e la frustrazione cominciano a corrodere ogni gusto di vivere, ma per cambiare vorremmo garanzie, assicurazioni contro ogni rischio e ogni pericolo.
Magari saremmo disposti a partire facendo una nuova strada ma solo sapendo prima dove ci porterà, con il termometro dietro e la borsa dell’acqua calda. Perché non si sa mai quel che potrebbe succedere! Ma la vita è un viaggio nella precarietà e io ho cominciato a godermela davvero quando ho smesso di aver paura di tutto. Vivere è uscire: la vita è cammino, viaggio, movimento. Non si può controllare tutto, mettersi al riparo dall’imprevedibile. «Per paura di ciò che è inedito e sconosciuto rinunciamo a sognare, a prendere il volo, ad addentrarci nel cuore della vita e, per dirla con lo scrittore Henry D. Thoreau, a succhiarne tutto il midollo. E invece si finisce per dare una leccatina all’albero, e buonanotte. Ma il midollo chi se lo piglia?» (S. Olianti, Il coraggio di vivere. Oltre le paure che ci abitano, EMP).
Un altro ostacolo che ci impedisce di cambiare strada potrebbe essere la paura di fallire, di non farcela e questa paura costituisce una minaccia inquietante per la nostra autostima. Se dovessi fallire che cosa penserò di me? E gli altri che cosa penseranno di me? Domande depotenzianti che recidono alla radice ogni tentativo di intraprendere nuovi percorsi di vita. «Il cambiamento non sempre porta a un miglioramento ma per migliorare è necessario cambiare», scriveva acutamente Winston Churchill. Ogni cambiamento fecondo richiede un riassetto cognitivo, cominciando col farsi domande potenti capaci di innescarlo e sostenerlo. Sono disposto ad affrontare qualcosa che non conosco? Posso sopportare la fatica, lo stress e l’incertezza che questo comporta? Quale strada mi porta nella direzione in cui mi sento protagonista della mia vita? Dove mi sento davvero vivo? Veramente felice?
Non esiste una strada che sia universalmente giusta: esiste la strada giusta per te, per me; giusta per chi siamo e per chi vogliamo diventare in questo momento della nostra vita. Ecco perché è fondamentale imparare ad ascoltarci veramente, oltre il brusio dei pensieri agitati, e a non soffocare il desiderio che ci abita e che rende viva la vita. E quando realizziamo che i nostri pensieri sono solo la rappresentazione della realtà, ma non la realtà, la paura smette di fare così paura, la tensione si allenta e i nostri desideri più autentici emergono e si manifestano con più chiarezza. Ma non è sufficiente disinnescare i pensieri tossici e ansiogeni; per trovare una direzione sintonica col desiderio del cuore e il coraggio per intraprenderla bisogna essere motivati, avere un «perché» che ci orienti nella strada desiderata. Mi rammento spesso una citazione del filosofo Nietzsche, che Viktor Frankl ha fatto sua e che io ogni giorno cerco di fare mia: «Chi ha un perché vivere può accettare quasi ogni come».
La strada che ti porta verso te stesso dipende dal tuo perché. La vita è piena di opportunità e di strade che si aprono; bisogna avere fiducia e camminare, come Abramo che ha camminato e sperato contro ogni speranza. Che la paura, dunque, lasci il posto alla speranza e che la speranza riapra il futuro. Solo così la vita si schiude alla meraviglia.
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