Anno Santo in Basilica
Il Giubileo è un’occasione che ci viene data per vivere un «incontro vivo e personale con il Signore Gesù, porta di salvezza; con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale nostra speranza» (cfr. Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit, n. 1). Anche la Basilica del Santo è uno dei luoghi sacri che il Papa ha indicato come meta di visita per l’Anno Santo. Durante questo tempo viene quindi offerto un percorso ai pellegrini attraverso alcuni luoghi peculiari del Santuario, che parlano di speranza.
Il pellegrinaggio inizia con l’entrata in Basilica, casa del Signore. La prima tappa è l’incontro con sant’Antonio, nel luogo dove è custodito il suo corpo, l’Arca del Santo. «La speranza è la virtù che si protende in avanti», afferma Antonio in uno dei suoi sermoni, invitando a superare con fiducia le nostre ritrosie. In questo luogo si respira la fede di tante persone, che si rivolgono al Santo con segni concreti: le foto appese vicino alla tomba, che chiedono protezione e preghiere per sé e per i propri cari; il gesto del pellegrino, compiuto appoggiando la mano alla pietra dietro la quale si trova il corpo di Antonio, segno di affidamento accompagnato dalla preghiera silenziosa del cuore.
La seconda tappa è presso la cappella della Madonna Mora. «O nostra Signora, o nostra speranza»: con queste parole Antonio si rivolge nei sermoni a Maria, madre di speranza, docile e accogliente verso la parola di Dio in tutti i passaggi della sua vita. Questo è il luogo per invocare la Vergine Santa come Stella del mare, colei che «nelle burrascose vicende della vita ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare» (cfr. Spes non confundit, n. 24).
Per la terza tappa sostiamo presso una delle cappelle radiali della Basilica, dedicata a san Giuseppe: «Il gaudio della speranza del cielo e l’ascolto dei divini precetti» sono tratti, raccolti dalle parole di Antonio, che ritroviamo nel falegname di Nazareth, presenza silenziosa e obbediente che ha saputo ascoltare e mettere in pratica la parola di Dio, custodendo il tesoro prezioso che gli era affidato (la madre e il bambino). La proposta di questa tappa è mettersi in ascolto del Vangelo, che è qui presentato in un libro contenente un versetto della liturgia della domenica: una piccola frase da ricordare e custodire.
La cappella delle Reliquie è la successiva tappa del percorso: qui sono ospitati alcuni segni concreti che parlano ancora oggi della potenza della predicazione di Antonio; in particolare è esposto l’apparato vocale, ritrovato nell’ultima ricognizione del 1981. «O Parola di beata speranza! O Parola, fresca acqua per l’anima assetata»: il Santo ha reso testimonianza di Cristo vivendo con amore il Vangelo e annunciandolo con passione, prima con la vita e poi con le parole. Ecco l’invito a mettere in pratica quanto abbiamo ascoltato nella semplice testimonianza della quotidianità; c’è chi l’ha fatto in modo coraggioso come fra Placido Cortese, frate minore conventuale del Santo che durante la seconda guerra mondiale si è speso per salvare molti perseguitati, fino a dare la sua vita. Incontriamo anche lui in questo percorso, presso il Memoriale che si trova di fronte alla Cappella delle Reliquie.
Nulla di ciò, tuttavia, è possibile senza accogliere la vita nuova di Cristo in noi: per questo, la tappa successiva è nella cappella delle Benedizioni, dove con l’acqua benedetta facciamo memoria del nostro Battesimo, immersione nella Pasqua del Signore. Da quell’inizio «lo Spirito di Dio dà al nostro spirito testimonianza di una fondata speranza», come ci ricorda sant’Antonio: non siamo orfani, in balìa del mondo, ma figli amati da Dio Padre. Tuttavia, nella vita avviene che la nostra identità cristiana entri in crisi, a causa del peccato che compiamo: la tentazione più grande è quella di disperare, di non credere più che Dio possa perdonarci.
Ecco la prossima tappa: nella Penitenzieria, in un lato del Chiostro della Magnolia, è possibile vivere il sacramento della Riconciliazione, «insostituibile punto di partenza di un reale cammino di conversione» (cfr. Spes non confundit, n. 5). Infatti, come dice Antonio, «nella confessione il peccatore deve allietarsi nella speranza del perdono», che non è una possibilità incerta, ma l’abbraccio misericordioso, forte e tenero del Padre che vuole sempre ripartire con noi. Uscendo dalla Penitenzieria, ci accoglie una grande croce, realizzata con i legni delle imbarcazioni naufragate in anni recenti nello Stretto di Sicilia: è un richiamo simbolico a compiere gesti di speranza, soprattutto di fronte a chi è perduto.
Tutto questo ci apre alla gratitudine condivisa, che celebriamo pienamente nell’Eucaristia, segno dell’amore di Dio che si dona per noi. «Nella sua casa che è la Chiesa, il Signore ci nutre con pane di speranza, il pane del suo corpo», dice Antonio: siamo invitati a fermarci, nella settima tappa, presso la Cappella del Santissimo, di nuovo all’interno della Basilica, dove rendere grazie per l’amore col quale siamo amati.
Finisce qui il cammino? No, continua nel nostro quotidiano, al ritorno nella propria casa, dove siamo chiamati a vivere «la larghezza della carità e l’altezza della speranza», come dice Antonio, attraverso quegli stessi segni di speranza che il Papa ha invitato a praticare nella bolla di indizione del Giubileo: gesti di pace, di apertura alla vita, di attenzione verso i giovani, gli ammalati, gli anziani, gli emarginati, i carcerati, i poveri.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!