23 Dicembre 2024

I mille presepi di Montréal

Da Greccio al Canada. La geniale intuizione di san Francesco è stata declinata da culture e tradizioni diverse, i cui manufatti hanno trovato casa nel Museo dell’Oratorio San Giuseppe, fondato 120 anni fa.
Il presepe in gesso di Joseph Guardo.
Il presepe in gesso di Joseph Guardo.
© L’Oratoire Saint-Joseph du Mont-Royal

Non solo la città dei cento campanili, Montréal è conosciuta anche come la città dei mille presepi. Quelli dell’Oratorio San Giuseppe, faro del cattolicesimo in Nord America e meta di pellegrinaggi, soprattutto a Natale, grazie a «Une crèche, un monde», il suo suggestivo ed emblematico Museo permanente di presepi provenienti da tutto il mondo. L’Oratorio, fondato nel 1904 da sant’André Bessette, fratello della Congregazione di Santa Croce, è noto per il suo imponente santuario, per la sua storia di guarigioni miracolose e, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, soprattutto per la mostra di una delle tradizioni più antiche e affascinanti della Chiesa cattolica: la rappresentazione della Natività. La collezione si è ampliata enormemente negli anni, e oggi conta più di mille presepi in rappresentanza di oltre cento Paesi nei cinque continenti. Alcuni presepi sono realizzati con materiali tradizionali come legno, pietra, ceramica e vetro; altri, più moderni, sono fatti di plastica, metallo o materiali riciclati. Ogni presepe racconta una storia unica, mettendo in evidenza l’importanza della Natività in culture differenti: ci sono i presepi fatti a mano dalle popolazioni indigene del Sud America, presepi di porcellana provenienti dall’Europa, e persino presepi africani intagliati nella pietra. La nascita di Gesù Bambino vista secondo molteplici forme, colori, materiali, tecniche, stili e tradizioni: un elogio all’inclusività e alla diversità culturale, a immagine e somiglianza della Chiesa universale.

Prima di diventare un museo, però, il presepe ha rappresentato lo strumento che ha risvegliato Montréal dal grigiore del secondo dopoguerra. In occasione del Natale del 1950, infatti, fu allestito il primo presepe all’aperto e a grandezza naturale presso l’Oratorio San Giuseppe. L’iniziativa fu opera del Comitato del Natale Cristiano, un gruppo di uomini d’affari che, notando una diminuzione della devozione dopo la fine della Seconda guerra mondiale, desiderò rilanciare una tradizione ancora relativamente nuova in Québec. Il primo presepe si rivelò un grande successo, ma i Fratelli della Congregazione di Santa Croce, l’anno successivo vollero offrire una versione più raffinata e affidarono l’incarico a Joseph Guardo, artista montrealese di origine italiana, siciliano di Floridia (Siracusa). L’opera fu inaugurata il 22 dicembre 1951 sulla terrazza dell’Oratorio. Lo splendore dei personaggi in gesso a grandezza naturale non mancò di impressionare i visitatori di tutte le età. Ovunque in Québec, i comitati parrocchiali chiesero allora a gran voce un presepe per adornare la facciata del proprio municipio o della propria chiesa. Da quel momento, nelle scuole della città, il Comitato del Natale Cristiano organizzò un concorso di presepi. Ogni anno, i giovani allievi si sfidavano a colpi di talento per progettare la loro opera nello stesso spirito di quella del maestro Guardo all’Oratorio di San Giuseppe.

Dopo diversi Natali all’aperto, le splendide opere in gesso del Guardo si deteriorarono. Il presepe fu spostato all’interno alla fine degli anni Settanta. Dopo un restauro venne nuovamente esposto, ma questa volta al riparo dalle intemperie. Fu nel 1976 che il Museo dell’Oratorio San Giuseppe iniziò la sua tradizione di esposizione dei presepi natalizi, creando mostre in collaborazione con prestatori privati, artisti e comunità culturali. E ancora oggi continua ad attirare appassionati e curiosi di tutte le culture, di tutte le religioni e di tutte le età. A raccontarci la sua storia è Chantal Turbide, direttrice del Museo e conservatrice del patrimonio artistico, subentrata nel 2010 allo storico curatore, padre André Bergeron.

«Una volta che il presepe esterno a grandezza naturale fu spostato all’interno – ci spiega Turbide – i personaggi vennero rivestiti con abiti realizzati dal celebre costumista di teatro François Barbeau. Fuori dall’Oratorio, invece, davanti al padiglione della Santa Croce, dal 1995 al 2015 fu allestito un trittico con presepe in resina realizzato dall’artista quebecchese Fabien Tremblay. Le facciate laterali raccontano due visioni differenti della Natività: a sinistra i pastorelli, secondo il Vangelo di Luca; a destra i Re Magi, secondo il Vangelo di Matteo. Da una parte il popolo, dall’altra l’élite. Al centro Gesù Bambino nella mangiatoia, tra san Giuseppe e la Vergine Maria, il bue e l’asinello, in una raffigurazione tipicamente medievale. In alto, la Gerusalemme celeste». Oggi anche il presepe di resina è esposto all’interno insieme a quello in gesso a grandezza naturale. 

La collezione di padre André

Dopo che i religiosi avevano dato il via a un concorso di presepi tra gli alunni delle scuole del quartiere, il curatore dell’epoca, padre André Bergeron, ebbe l’idea di allestire una mostra di presepi che aveva collezionato nel corso degli anni. «La prima esposizione ne comprendeva 25 provenienti da 5 Paesi – prosegue Turbide –. Oggi, su una collezione di oltre mille presepi, ne esponiamo a rotazione un centinaio, uno per ogni Paese, mentre tutti gli altri sono conservati e catalogati nei nostri depositi. Ciascun Paese è rappresentato per tecnica, design, stile e materiali. Come il presepe in vetro di Murano per l’Italia e quello in stoffa di lana cotta per l’Islanda. Ci sono diversi presepi in ceramica, come quello realizzato da un’autoctona; e in terracotta, come quello di un’artista haitiana. E ce n’è uno anonimo fatto con la carta dei bollettini parrocchiali distribuiti durante la Messa domenicale. Un altro ancora è fatto in pasta d’incenso naturale. Parecchi sono in miniatura, come quello di Cuba. Ce n’è uno proveniente dalla Germania con il personaggio dello Schiaccianoci nei panni di san Francesco d’Assisi, l’inventore del presepe vivente di Greccio, nel 1223. Quelli africani sono principalmente a base di legno o metallo, con il bue e l’asinello spesso sostituiti dalla zebra e dalla giraffa.

Ogni anno ne acquistiamo di nuovi, anche se la maggior parte sono donazioni di associazioni comunitarie, ambasciate e famiglie. Come quello classico e tipicamente italiano che nel 2022 ci ha offerto il genero di Joseph Guardo che nel 1951 aveva progettato lo storico presepe esterno. Oppure quello provenzale, realizzato dagli artisti Marcel Charbonel e Marcel Chabot, rinomato per le sue celebri statuette, i famosi “Santons”, personaggi tipici di quella regione francese, come il panettiere, il pastore, il sarto, il marinaio o la lavandaia. Presepi dello stesso tipo si trovano anche a Napoli. A differenza di tutti gli altri presepi presenti nella versione ridotta della mostra, questi ultimi non consistono in personaggi dietro una vetrina, ma sono inseriti in un tipico contesto rurale. Molto luminoso e pieno di colori è un presepe tipico di Cracovia, che ci è stato donato dall’Associazione dei Polacchi di Montréal. È realizzato in stagnola, e le architetture, seppure fantastiche e complicate come castelli da fiaba, si ispirano alle chiese della splendida antica capitale della Polonia». I presepisti di Cracovia dedicano tutto l’anno alla costruzione dei loro presepi da esposizione, e i più belli entrano a far parte delle collezioni del Museo storico della città. «A volte organizziamo anche esposizioni tematiche, per esempio sui singoli Paesi, sugli animali, sulle stelle comete, sui materiali, sugli strumenti di lavoro o sulle statuette di Gesù Bambino in cera, una tradizione molto radicata in Québec». 

Unico nel suo genere, il Museo dei Presepi dell’Oratorio San Giuseppe è aperto 365 giorni all’anno, compresi il 25 dicembre e il 1º gennaio. I visitatori arrivano da tutto il mondo per fede, turismo o per semplice curiosità. «Di fronte a un presepe – conclude la curatrice Chantal Turbide – tutti torniamo bambini e siamo sopraffatti dalla meraviglia. Il presepe è magico, tratta un tema immediato e universale: tutti sappiamo cos’è una famiglia e cosa rappresenta la nascita di un bambino. Parla direttamente al cuore. Lo testimonia il libro con le dediche dei visitatori provenienti da Paesi come Messico, Francia, Stati Uniti, Canada, Libano, Vietnam, Italia, Germania e Iran. Il museo è un luogo di riflessione, introspezione, contemplazione, meditazione, in grado di toccare le corde dello spirito, ed è pervaso da un messaggio di pace, amore, unione, fratellanza e comunione tra i popoli che va al di là di qualsiasi steccato geografico, culturale, artistico e religioso».

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Data di aggiornamento: 23 Dicembre 2024
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