Le Afriche saranno una risorsa

Un corso per giornalisti, organizzato dal Messaggero di sant’Antonio, occasione per riscoprire le responsabilità occidentali delle migrazioni dall’Africa e aprire prospettive di futuro. Grazie a padre Giulio Albanese.
17 Agosto 2025 | di

Cambiare narrazione, studiando le ragioni della mobilità umana, è il primo passo per cambiare le sorti dei Paese africani. Ne è convinto padre Giulio Albanese, giornalista, missionario comboniano e direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi di Roma, intervenuto lo scorso giugno a Padova, nel corso di formazione per giornalisti «Il fenomeno globale delle migrazioni: come trattarlo correttamente nei media», organizzato dal «Messaggero di sant’Antonio» in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti del Veneto.

Il primo cambiamento di prospettiva è trasmettere al pubblico che nessun profugo è profugo per caso: «Si tratta – spiega padre Giulio – di persone costrette a lasciare il loro Paese per una serie di ragioni: la guerra, le persecuzioni politiche e religiose e la violazione dei diritti umani». Tutte ragioni che creano insicurezza e precarietà e che portano milioni di persone a cercare salvezza altrove: «Solo riconoscendo questa verità si può cambiare la narrazione, comprendere i punti di contatto, capire per esempio che il mare nostrum è anche “mare loro”, cimitero liquido».

L’umanità è migrante

Ma prima di questa comprensione, c’è una verità ancora più generale: «L’umanità da sempre si muove. La specie umana è homo migratur, è cioè migrante per natura». Solo che per alcuni nel mondo di oggi migrare è un diritto per altri un “crimine”. Albanese critica anche la suddivisione tra migranti economici da un lato e rifugiati dall’altro: «Le due categorie in realtà sono estremamente permeabili, perché la causa principale rimane la ricerca di un’attività economica per assicurarsi un futuro migliore».

Al fondo di questa visione diseguale delle migrazioni c’è un immaginario duro a morire, ben sintetizzato dalla carta geografica fiamminga in uso fin dal ’500, la carta Mercatore, che di fatto distorce le dimensioni dei continenti a favore della visione occidentale, contrariamente a quanto fa la carta di Peters del 1973, che invece mantiene il rapporto di superficie, mostrando l’immensità dell’Africa. E allora anche i numeri riprendono forma: «Siamo in un continente di 1,5 miliardi di abitanti, con un’età media di 20 anni. I migranti africani sono 43 milioni, ma la maggior parte di essi si muove dentro il continente». Con la geografia ritorna alla giusta dimensione anche il fenomeno delle migrazioni, che prima di essere un fatto esterno all’Africa è un fatto interno, con milioni di sfollati.

Ora manca indagare le cause. A muovere questa enorme quantità di persone sono soprattutto una serie di guerre ignorate, le cui radici affondano in molti casi proprio in occidente. E il comboniano inizia a tracciare la carta geografica del dolore dei popoli africani, spesso vittime di guerre per procura: «Partiamo dal Sahel, nel quale si confrontano un pulviscolo di gruppi jihadisti, proliferati dopo la morte di Gheddafi e la crisi della Libia, e di mercenari dall’estero, ognuno portatore di interessi altri». Le guerre, conferma padre Albanese, si combattono per motivi economici. «L’Africa non è un continente povero, è un continente impoverito», paga suo malgrado lo scotto delle sue enormi ricchezze naturali che fanno gola a molti, ma è anche un continente che ha sete di giustizia. E continua, il religioso, la lista dolorosa dei luoghi sotto attacco: Nell’Africa orientale, Sud e Nord Kivu, ma anche l’Ituri nella Repubblica Democratica del Congo; la Somalia, il Sudan, la cui crisi sta contagiando anche i Paesi limitrofi e il vicino Ciad, il nord del Mozambico. A ovest la Nigeria. «Parliamo sempre di Ucraina e Medioriente, ma anche queste sono guerre che ci riguardano. Dobbiamo avere uno sguardo più universale, perché siamo legati a un destino comune».

Il paradiso dei predatori

È in atto un’azione predatoria multinazionale, con la complicità delle elite locali, per l’accaparramento delle risorse: non solo il petrolio, il gas naturale, l’oro, i diamanti ma anche minerali e metalli preziosi come il coltan, il miglior superconduttore al mondo, o il tantalio essenziale per la componentistica dei computer e per la tecnologia militare.

Ma la molla più grande che porta alle migrazioni è l’enorme debito che schiaccia i Paesi africani: «In realtà l’Africa ha un debito irrisorio rispetto per esempio al debito pubblico dei Paesi ricchi, ma essendo il suo Pil estremamente basso, 3 trilioni contro i 14 trilioni dell’Europa, diventa gigantesco». Un debito che non permette ai paesi africani di spendere per esempio in sanità o in istruzione, perpetrando la spirale che mantiene il sottosviluppo. A peggiorare le cose si è da ultima inserita la finanziarizzazione dell’economia, staccata dall’economia reale e alla mercè delle speculazioni di borsa e della spietatezza di agenti privati come corporation o fondi di investimento, che ancora una volta mette alle strette il continente africano, costringendolo a pagare in risorse. Una spirale perversa che grida vendetta.

Il giubileo in corso non solo dovrebbe essere il pretesto per cancellare il debito, cosa per altro accaduta in passato, ma per incidere sui meccanismi che tendono a perpetrarlo. «Se non lo si farà, il debito favorirà ancora più migrazioni».

Cambiare le narrazioni

Occorre un cambiamento di prospettiva che comincia proprio con il cambiamento di narrazione: «È necessario che le classi dirigenti europee comprendano che le Afriche – lo dico al plurale perché si tratta di un continente non solo enorme ma estremamente vario – possono diventare una grande risorsa per la vecchia Europa, ma occorre puntare sulla generazione di giovani che non accetta più la marginalizzazione ma chiede giustizia e opportunità. Come media dobbiamo accompagnare il cambiamento, operando un decentramento narrativo, che però è l’esatto contrario di quanto sta avvenendo nelle politiche dei Paesi ricchi. L’Africa non ha bisogno di salvatori, ma di compagni di viaggio leali».

Data di aggiornamento: 17 Agosto 2025
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