Noi irriducibili
Ho letto il libro dal titolo Irriducibile del fisico italiano Federico Faggin, inventore del microchip e divulgatore delle teorie della fisica quantistica. La sua tesi è che l’umano è irriducibile all’Intelligenza artificiale. La domanda ormai comune: «Se un’auto a guida autonoma è più sicura, a che cosa serve la coscienza?» sembra logica, ma parte da un errore: immaginare l’essere umano come una macchina biologica. Se fosse così, tutto ciò che ci rende vivi – emozioni, sogni, arte, amore, stupore davanti all’Universo – sarebbe solo un’illusione. La verità è che una cellula vivente non è un meccanismo. Nessun computer ha mai partorito un altro computer con hardware e software inclusi!
Sulla coscienza, che i computer non hanno, si basa la libertà di scelta, quella stessa libertà che il riduzionismo scientifico considera inesistente perché non rientra nei suoi assiomi. Ma se la realtà fosse solo ciò che misuriamo con righelli e orologi, avremmo già escluso la dimensione interiore, che è quella che ci fa amare l’esistenza. L’evidenza che non siamo macchine, in fondo è dentro di noi: nei pensieri, nelle emozioni, nei sentimenti. Una razionalità nutrita solo di materialismo produce competizione e guerra; una coscienza riconosciuta e coltivata può invece generare cura, bellezza e futuro condiviso. Robot e algoritmi superano l’uomo in velocità e calcolo, ma non potranno mai generare vita, emozioni o senso. Ed è lì che si gioca il nostro futuro.
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