Gesù e i bambini
Ci troviamo in un momento storico in cui i bambini e le bambine non godono di particolare attenzione e riguardo. Il calo demografico in Italia è al suo picco massimo, con gli ultraottantenni numericamente superiori ai bambini fino ai 10 anni. E non si riesce, purtroppo, a intravedere nel breve periodo alcun segnale di inversione di tendenza. Una boccata di ossigeno, in prossimità del Natale, ci arriva dai vangeli. Il rapporto tra Gesù e i bambini è straordinario, forse sottovalutato da chi si occupa di educazione e pedagogia. A riprova di quanto sto affermando, voglio condividere con i lettori un passaggio del vangelo di Marco (10,13-16), che, pur noto, non viene quasi mai colto nella sua natura rivoluzionaria: «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».
Gesù reagisce così dinanzi a quei discepoli o seguaci che cercano di allontanare i bambini che, attirati dalla sua figura, lo circondano con curiosità e interesse. Ha una totale e assoluta predilezione per questi piccoli. Il gesto di Gesù di imporre le mani è straordinario, un gesto con cui si consacrano i re, i sacerdoti, i profeti. Risulta a tutti gli effetti un atto di trasmissione di potere e di riconoscimento. Gesù fa così sapere che si identifica con i bambini, ai quali trasmette il proprio carisma. Un gesto di rottura rispetto alla tradizione. I bambini, infatti, non hanno una collocazione di rilievo nella società in cui si muove Gesù. I genitori sono i loro padroni assoluti e hanno addirittura potere di vita e di morte sulla propria prole. Abramo è pronto a sacrificare il figlio Isacco, re Salomone è pronto a tagliare in due il bambino conteso fra le mamme, senza dimenticare Erode e la strage degli innocenti. Anche le pratiche di crescita sono basate su una sostanziale crudeltà, con punizioni corporali che non hanno niente a che fare con le norme giuridiche che oggi tutti conosciamo.
Gesù improvvisamente travalica queste usanze e dichiara addirittura che occorre diventare come loro, come i bambini, per entrare nel Regno dei cieli. Siamo riusciti a perdere questo messaggio del Vangelo, dimenticandone la straordinaria portata di cambiamento. E il Natale allora ce lo ricorda, quando, durante la celebrazione eucaristica, si bacia la statuetta di Gesù Bambino. Gesto rituale che ci riporta a quando Lui stesso imponeva le mani sui più piccoli. Non solo Gesù si incarna e si fa uomo, ma nel suo essere bambino ritroviamo tutta la forza vitale dell’infanzia, un momento magico, il più importante della vita. Il momento dove tutto nasce e si crea. Gesù ci ricorda proprio questa meraviglia e l’importanza di preservarla nei nostri bambini e nelle nostre bambine. Di preservarla sempre.
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