Bambini in festa con i Magi
Una decina d’anni fa, due frati della basilica del Santo: i padri Alberto Tortelli e Alessandro Fortin, scorrendo la nutrita agenda di uno dei momenti forti della vita della basilica, cioè i tredici giorni di preparazione alla festa del Santo (Tredicina), si resero conto che, tra le categorie sociali cui era dedicato uno spazio per rendere omaggio al Santo, ricordandogli le difficoltà e i problemi del loro vivere, non figurava quella dei bambini. Decisi a colmare la lacuna, interessarono l’allora rettore della basilica, padre Enzo Poiana. «Ma – ricorda padre Fortin –, nonostante le buone intenzioni, non si riuscì a ricavare, nel fittissimo calendario di incontri e celebrazioni, lo spazio per quella che pensavamo di chiamare la Tredicina dei bambini».
A malincuore dovettero accantonare l’idea, pronti però a metterne in campo un’altra, sostitutiva ma non priva di fascino, riprendendo un’iniziativa su un analogo tema, da loro stessi avviata nell’ambito dei santuari antoniani di Camposampiero. All’ombra del Noce avevano raccolto i bambini dei dintorni per celebrare insieme l’Epifania, festa ricca di significati, primo fra tutti quello del «dono», a imitazione dei Magi che, guidati dai bagliori di una cometa, erano andati a rendere omaggio al «neonato re dei Giudei», offrendogli «in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,11).
La cosa aveva funzionato alla grande. Decisero perciò di riproporla in basilica, scegliendo per essa il primissimo pomeriggio dell’Epifania. Per animare quello spazio, padre Alberto e padre Alessandro imbastirono un canovaccio nel quale celebrazione liturgica e sacra rappresentazione s’intrecciavano, alternando canti e preghiere a teatrali colpi di scena. In conclusione, la benedizione del Santo, impartita dal rettore della basilica.
Pubblicizzato l’evento, si partì. Si cominciò con i canti, animati dal coro «Lilium» dell’Arcella: un gruppetto di giovanissime voci femminili, diretto da Valentina Paluani, che diventerà presenza fissa in tutte le successive edizioni.
Preceduto da squilli di tromba, irrompeva in scena un araldo in costume medievale, annunciando a gran voce l’imminente arrivo di tre misteriosi personaggi, con i bimbi che lo seguivano con occhi sgranati dalla meraviglia. L’araldo proseguiva ascendendo al pulpito, proteso sulla navata centrale, da dove leggeva il brano del Vangelo nel quale l’evangelista Matteo racconta la vicenda dei Magi e il loro viaggio verso Betlemme. L’eccitazione dei bambini saliva alle stelle quando padre Alessandro, sovrastando il brusio che avvolgeva la chiesa, invitava ad aprire le porte, perché i tre Magi – Melchiorre, Baldassarre e Gaspare – erano lì, pronti ad entrare in basilica. Mentre le note dell’organo si dispiegavano invadendo le volte delle cupole, ecco dalla porta principale della basilica, aperta con la solennità del caso, fare il loro ingresso i re Magi, preceduti dalla stella cometa inalberata dai paggetti della basilica, avvolti nei loro preziosi costumi settecenteschi. Ad impersonare i mitici re, erano tre giovani di etnie diverse: un europeo, un africano e un asiatico, ciascuno nei loro sgargianti costumi, e recanti i tradizionali doni: oro, incenso e mirra.
Percorrendo la navata, accompagnati da canti e dagli oh! di meraviglia dei bambini, i Magi raggiungevano il presbiterio, dove si rinnovava l’antica scena di Betlemme: l’offerta dei doni al Bambino (una statuina) adagiato sulla paglia e assistito da Maria e Giuseppe, impersonati da due giovani. «L’oro è la preziosità delle nostre vite, l’incenso le nostre preghiere, e la mirra le difficoltà e i sacrifici del nostro vivere», spiegava padre Alessandro dal microfono.
La sacra rappresentazione proseguiva chiamando in scena altri interpreti: tre bambini della Scuola materna monsignor Liviero, di via del Santo, preparati da suor Massimiliana delle Ancelle del Sacro Cuore, si alternavano al microfono per leggere altrettante poesie d’intonazione natalizia. Dopo di loro, i paggetti invocavano il Santo perché «aiutasse tutti i bambini a vivere sempre in amicizia con Dio, e a crescere nella bontà», e pregavano «per le persone sofferenti e per i poveri nel mondo». Due genitori invocavano poi la protezione del Santo sui figli. Seguiva la benedizione dei bambini, impartita da padre Enzo, con la richiesta al Santo di preservarli «da ogni male mediante la grazia di Dio e la cura dei genitori, per sviluppare le loro doti migliori in senso morale, intellettuale e fisico».
Scena finale: la processione dei bimbi e dei genitori lungo la navata per andare a dare un bacio o una carezza al Bambinello con le braccia protese ad accoglierli e a rassicurarli. E poi, a casa, ognuno con un piccolo dono: una copia del Messaggero dei ragazzi, la rivista antoniana pensata per loro, per aiutarli a vivere sempre in amicizia con Dio e con gli altri.
Dalla presenza dei Magi proviene anche un messaggio d’integrazione, sottolineato in una delle successive edizioni (2012) da padre Enzo Poiana: «Il cristianesimo non può non portarci ad accogliere le diversità, i popoli, le razze, le lingue e le tradizioni diverse. Il cristianesimo non può non essere com’era Gesù Cristo: luogo di salvezza per tutti coloro che si riconoscono e si incontrano nel Signore».