È facile ritrovarsi nei pensieri, nelle speranze e nelle nostalgie di Youssou, giovane senegalese che ha lasciato moglie e due figli piccoli nel suo Paese, per venire a cercare fortuna in Europa ed è approdato, dopo un lungo peregrinare, in Italia. È facile seguirlo passo dopo passo, sentire il freddo e l’umidità che penetrano le sue ossa nelle notti passate all’addiaccio, o avvertire la paura di essere fermato e rimpatriato, tornando così sconfitto dai propri figli.
Marina Corradi, inviata del quotidiano «Avvenire», è una delle penne più intense del panorama giornalistico italiano. Raffinata e sensibile, riesce a cogliere e a dare corpo nella scrittura a tutte le sfumature dei sentimenti e delle emozioni che attraversano l’animo umano. E in questo romanzo, appena pubblicato da Marsilio, tale sua caratteristica emerge in modo particolarmente dirompente.
Antonia Arslan tiene ben saldo il filo che la lega stretta ormai da molti anni al «popolo scomparso», gli armeni, vittima di un genocidio nel 1915. L’ultimo suo libro, Lettera a una ragazza in Turchia, è forse quello più vicino a La Masseria delle allodole, romanzo sul genocidio tradotto in venti lingue e diventato anche un film dei Taviani.
Come nasce un libro? Da dove prendono vita e forza le sue parole? Erri De Luca sgombra il campo sin dalle primissime righe. Senza esitazione, senza rischio di essere frainteso. Il suo «La Natura Esposta» nasce da un ascolto.
Mauro Corona ritorna a parlare della montagna, del rapporto tra uomo e natura. Lo fa con quest’ultimo romanzo, dove il protagonista è un giovane, di ottima famiglia e piuttosto affascinante. Trent’anni, ingegnere, ricco. Non gli manca nulla: automobili di lusso, amici, donne. Eppure vive dentro di lui un vuoto. Perché «nessuno è tanto annoiato quanto un ricco», precisa l’autore parafrasando il grande poeta Iosif Brodskij.