Oggi dovremmo prendere la parte ancora viva del cristianesimo e inculturarlo nel nostro tempo post-cristiano, che non capisce più i linguaggi della fede, ma che li capirebbe con una adeguata operazione culturale e narrativa.
«Il ventunesimo secolo ha avuto, fino a questo momento, un andamento ironico: iniziato in modo quasi solenne all’insegna del mito dell’irreversibilità (della democrazia, del capitalismo, delle organizzazioni internazionali e del “nuovo ordine mondiale” nel suo complesso), gli sono bastati meno di vent’anni per finire immerso in un clima dilagante di insicurezza». Comincia così questo interessante volume di Alessandro Colombo, lettura utilissima per riflettere e per interpretare, almeno in parte, la complessità di questi nostri giorni.
Nonostante la Brexit e la crisi economica globale, la capitale britannica riesce a conquistarsi l’apprezzamento dei giovani di tutto il mondo. Molti di loro sono italiani, e qui costruiscono la loro carriera.
«Nella canna, che è agitata dal vento, che è bella all’esterno ma vuota dentro, e il cui frutto è solo la lanugine, è raffigurato l’avaro, che è sbattuto qua e là dal vento della cupidigia» (Sermone III di Quaresima, 18).
La comunità è uno dei semi di pace da cui dobbiamo ripartire, per riscoprire la bellezza del camminare insieme con un cuore grato, accogliente e aperto alla speranza. Ma senza fare della comunità stessa un assoluto.