«Gentile padre, le scrivo per condividere il mio percorso. Un percorso tormentato, accidentato, doloroso. Lavoro, fatica, sacrifici, relazioni personali drammatiche, depressione, Dio sullo sfondo.
Fatima è una donna musulmana. Che già di per sé di questi tempi non aiuta un granché. Ma Fatima è probabilmente anche la prima delle 84 vittime che il killer ha causato guidando all’impazzata un tir sul lungomare di Nizza, la Promenade des Anglais, il 14 luglio scorso.
Incontro di catechismo per un gruppo di bambini di 10 anni. La riflessione sul quarto comandamento scoperchia drammi familiari, nascosti e profondissimi.
Padre Giulio Albanese nelle periferie del mondo ha vissuto a lungo, come missionario comboniano. Ma nonostante viva in Italia ormai da anni, di Africa, di marginalità, di chi non ha voce continua indomito a occuparsi. Lo fa sia attraverso i suoi periodici viaggi nel grande continente sia attraverso i molti articoli o libri, come quello da poco uscito per Einaudi: Vittime e carnefici. Nel nome di «Dio». «Dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola di chi vorrebbe innescare uno scontro di civiltà – raccomanda padre Giulio –.
La sala è gremita e il silenzio è di cristallo. In fondo ai gradoni dell’auditorium due donne attendono di parlare. Sta accadendo un evento che fino a ieri si poteva considerare impossibile, inaccettabile, quasi sacrilego.